Sabato 2 Agosto 2014 - Libertà
Anche L'Espresso va giù duro
"Hanno sbancato Piacenza"
(ps) "Hanno sbancato Piacenza". E' il titolo pugno-nello-stomaco del settimanale L'Espresso, in edicola ieri, che ha dedicato un ampio servizio di tre pagine al caso della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Un'analisi del giornalista Roberto di Caro, affiancata dalla fotografia legata agli investimenti del collega Fabio Lepore (come anticipato da Libertà) mette a nudo la città insieme alla Fondazione. Una città che il giornalista definisce «pacata fino alla noia» e che nell'affresco appare incapace di autogovernarsi per un'overdose di conflittualità. Perché se il caso di Piacenza sembra paradossale, basterebbe paragonarlo a quello di tante altre fra le 88 Fondazioni italiane di origine bancaria per rientrare in uno scenario dove pochi si salvano da maxi perdite patrimoniali negli anni della grande crisi. La peculiarità piacentina, al netto degli errori fatti, è lo scontro interno. Neppure qui siamo unici. Proprio in questi giorni si registra a Siena una nuova fumata nera sull'elezione del futuro presidente della Fondazione Mps, a sua volta nel caos.
Titolo forte, dicevamo, quello de L'Espresso, dopo analogo articolo del Corriere della Sera. Ma non più forte delle parole volate a partire dal gennaio 2013, nel corso della furibonda battaglia di posizione tra l'industriale Sergio Giglio, ex presidente di Confindustria (che il settimanale definisce «sostenuto dalla minoranza bersaniana del Pd e da una fetta di industriali») e l'ingegner Francesco Scaravaggi, espressione del volontariato e vicino alla Diocesi, per aggiudicarsi la poltrona di Palazzo Rota Pisaroni. Battaglia giocata solo in parte con esternazioni pubbliche, molto di più in manovre tra cordate antagoniste. Vince Scaravaggi che in qualche modo si trova bello e pronto il Cda che lui stesso dovrebbe scegliere, un Cda che non vuol marcare fratture nette con la precedente gestione. Scaravaggi a L'Espresso dichiara: «Non sospettavo, allora, tutto il lavorìo che c'era sotto la mia nomina». E con molta libertà spiega: «I nomi del Cda? Me li hanno dati la Diocesi, Confindustria, i vigevanesi».
E poi ecco nell'articolo la telecronaca dell'oggi, gli intrecci di cause legali (con Prometeia e Jp Morgan per l'acquisto di un prodotto finanziario complicato come lo Swap Fresh Monte Paschi, e quella tutta interna con l'ex direttore licenziato, Massimo Sbordi). E ancora le tante conflittualità al calor bianco e il vero guaio delle perdite patrimoniali, foriero di un impoverimento delle erogazioni: «Investimenti folli, perdite record, e la Fondazione della città va in crisi. Scatenando lotte di potere. Che arrivano fino alla Curia» sottotitola il settimanale.
E c'è la storia della rottura con il vicepresidente Beniamino Anselmi, ex ad del Banco di Sicilia, si direbbe per un fatto anzitutto caratteriale. Anselmi che, intervistato da L'Espresso, si toglie pure qualche sassolino e prende le distanze dall'investimento più contestato in Banca Monte Parma, costato 72 milioni di euro. L'ex banchiere non era allora nel Cda e dice: «... non avrei mai suggerito di comprare una partecipazione di minoranza per giunta in una banca non quotata: se pago 70 milioni voglio comandare, non ubbidire». E oggi insiste sull'introduzione di regole nella governance.
E alla fine? Alla fine scrive Di Caro: «Ora sono tutti costernati, Comune, Provincia, Curia, Confindustria e potentati dell'assistenza, alla ricerca di una soluzione». Soluzione di «garanzia, di pulizia, trasparenza». Le istituzioni, Comune, Provincia e Camera di Commercio le hanno già dato un nome e cognome, quello di Massimo Toscani, presidente del Collegio dei Notai, come nuovo presidente.