Fondazione di Piacenza e Vigevano Stampa
  Rassegna Stampa
spazio
  Comunicati Stampa
spazio
  Eventi Auditorium Piacenza
spazio
  Eventi Auditorium Vigevano
spazio
  Comunicazione
spazio

 
Home Page     Rassegna Stampa   


Lunedì 28 Luglio 2014 - Libertà

Banjo, chitarra e verve: «E' il mio Jazz Show»

Successo per Lino Patruno e i suoi "ragazzi" all'Auditorium: serata a tutto swing

Ci siamo innamorati perdutamente, ero un ragazzino quando ho perso la testa. La mia passione per il jazz nasce nei primi anni ‘50, avevo 15-16 anni. Quel linguaggio è divenuto per me una ragione di vita». Con questa dichiarazione d'amore Lino Patruno ha aperto il suo Jazz Show. Lino, uno tra i più celebri musicisti jazz italiani nel mondo, ha portato quella passione sul palco dell'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano organizzatrice dell'evento (le condizioni meteo instabili hanno suggerito lo spostamento del concerto dal Cortile di Palazzo Rota Pisaroni). Il nome del polistrumentista calabrese è strettamente legato alla divulgazione del jazz in Italia. Una carriera fittissima, su e giù dal palcoscenico con il suo banjo, la sua chitarra, la sua proverbiale verve. Come l'altra sera in Fondazione. In scena a tutto swing, sventola l'orgoglio nazionale, fette di storia del jazz italiano. Non solo Patruno. Guardi tra le quinte ed incontri lo sguardo sornione di Paolo Tomelleri, ruoti l'attenzione un poco a destra e trovi Carlo Bagnoli, un signore che prestava il suo sax tenore a Jerry Mulligan. E poi ci sono i "ragazzi", così definisce affettuosamente Luca Garlaschelli al contrabbasso e Walter Ganda alla batteria lo stesso Patruno quando li presenta. Un quintetto di invidiabile fattura. Patruno è un eccezionale affabulatore, racconta, ricorda, scherza e il pubblico, molto numeroso, apprezza: «Sono felice di tornare a Piacenza, era un paio d'anni che mancavo. Ho conosciuto la città con i miei Gufi negli anni sessanta ma, sorride, torniamo all'età della pietra». Un'età d'oro vissuta su più fronti artistici: teatro, cinema, televisione e tanto jazz. Il versante che ama frequentare è quello del jazz classico: «mi piace il jazz delle origini, voglio far conoscere quei musicisti italo-americani che hanno contribuito a costruire l'epopea, su tutti Nick La Rocca, il trombettista che compose il primo disco jazz della storia nel 1917. Pensate che Armstrong pubblicò nel 1923». Patruno è scatenato, si rivolge alla platea: «volete sapere la natura del termine jazz? Eccovi un aneddoto. Me lo raccontò il figlio di La Rocca. La sua band originariamente si chiamava Original Dixieland Jass Band, poi per la dubbia assonanza di "Jass" che forse voleva significare il suono dei piatti del charleston di una batteria con la poco urbana "ass" (traduzione letterale di "sedere"), la band fu obbligata a cambiare la parola "jass" con la con il termine jazz». Ma andiamo oltre le curiosità. Inizia "Jazz Show". Il gruppo attacca con lo standard All of me, poi On the sunny side of the street di Jimmy McHugh con testo della poetessa Dorothy Fields. Dal capolavoro A qualcuno piace caldo la chicca Running wild (nel film Marilyn la intona all'ukulele). Patruno trova il tempo per rammentare la sceneggiatura del film Bix di Pupi Avati (ispirata a Bix Beiderbecke) e salutare l'amico, produttore piacentino del film, Giorgio Leopardi presente in sala. Il programma serve Tin roof blues, un paio di succulenti "solo" proposti da Bagnoli e Tomelleri (esaltante la sua versione di Indiana). Dal repertorio sbucano Rosetta di Earl Hines pianista di Armstrong e il gusto malizioso della New Orleans dei locali a luci rosse con Basin street blues. In circolo si mette anche Bye bye blues del duo Les Paul e Mary Ford, cantata dallo stesso Patruno. Nel finale un omaggio a Sergio Leone con Amapola e Tiger rag. Si chiude, tra gli applausi, con la preghiera nera per eccellenza: When the saints go marching in.

Matteo Prati

Torna all'elenco | Versione stampabile

spazio
spazio spazio spazio
spazio spazio spazio