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Mercoledì 16 Luglio 2014 - Libertà

Fondazione, muro sulle dimissioni

E il Cda voleva visionare le spese dell'Auditorium
Il presidente Scaravaggi: vado per la mia strada

Fondazione di Piacenza e Vigevano: il dialogo c'è, non c'è la pace. Francesco Scaravaggi, presidente dimissionario, l'indomani dell'incontro con il consiglio di amministrazione che lui stesso chiedeva di azzerare, incontro durato sei ore, fino alle 22.30 di sera, parla di un clima «civile, ma un po' teso».
Mentre dal fronte del Cda, dei cinque membri in rotta di collisione con il presidente (che ha dalla sua parte solo il consigliere Stefano Pareti), si apprende che è arrivata un'energica contestazione a Scaravaggi per il mancato inserimento nell'ordine del giorno di due punti richiesti dal collegio sindacale e dai cinque consiglieri (Beniamino Anselmi, Franco Marenghi, Giovanni Rebecchi, Carlo Tagliaferri e Renzo De Candia). Vale a dire: la disamina delle spese, per lo più per l'Auditorium di via Sant'Eufemia, mai passate attraverso il Cda - è stato sottolineato dagli interessati - e in assenza di deleghe date a persona specifica di spendere. Contestato anche il mancato inserimento della discussione sulle dimissioni di Scaravaggi: «atto arbitrario» lo definisce il vicepresidente Beniamino Anselmi e «di scarsa considerazione verso il Cda, vista la richiesta fatta da cinque consiglieri e ne bastano tre per convocare». E' stata rimarcata la posizione del presidente "sfiduciato" dal consiglio generale e depositata una memoria dove si ripercorrono le ultime vicende sulla Fondazione.
Altre puntualizzazioni hanno riguardato le dichiarazioni di Scaravaggi alla stampa, come la vicenda della doppia firma necessaria per disporre del dossier-titoli. «E' stato lui a proporla il 16 settembre 2013 - afferma Anselmi, carte alla mano - delegando quattro consiglieri». Solo in un secondo tempo avrebbe posto come condizione la presenza della sua stessa firma. «C'è un clima diffamatorio» commenta il vicepresidente vicario. E da ultimo, i cinque del Cda hanno "diffidato" dal convocare il parlamentino per la nomina del nuovo presidente senza averla prima sottoposta al Cda, come da articolo 20, comma 3, dello Statuto.
Queste le "spine". Ma nella riunione a Palazzo Rota Pisaroni (dovrebbe tenersene un'altra il 25 luglio per finire l'esame dei verbali) sono state decise insieme alcune cose essenziali, per esempio la scelta dell'advisor per analizzare il prezzo offerto da Banca Intesa sulle azioni Monte Parma.
Scaravaggi sulla seduta dichiara: «Ognuno ha detto le sue, mi hanno contestato molto e lungamente il fatto che non mi dimetto e che dovevo mettere nell'odg un punto che non ho messo. Loro mi attaccano, ma io mi muovo con un legale e vado per la mia strada, se no si diventa come bambini... che giocano alle figurine». La lunga seduta si spiega con il fatto che sono stati letti i verbali parola per parola e sono state chieste correzioni, è andata invece liscia la scelta dell'advisor (Pricewaterhouse, ndr) e si è deciso dove ripartire i 30 milioni rientrati da Royal Bank of Scotland che hanno rese bene «e provvisoriamente si è pensato di depositarli secondo la maggior convenienza per la Fondazione, e si è distribuito tra più banche» dice il presidente. Non sono invece chiari i tempi del passaggio di testimone al vertice della Fondazione. Se la scelta di un candidato capace di aggregare consensi arrivasse in settimana, sostiene il presidente, forse sarebbe ancora possibile convocare entro luglio il consiglio generale per eleggere il presidente. Ci sono dei tempi tecnici da rispettare. In agosto la Fondazione chiude, la partita potrebbe slittare a settembre. Scaravaggi ha anche studiato il regolamento per la nomina del nuovo presidente: «Presenterò le mie dimissioni al primo punto e poi sarà nominato il nuovo presidente dal consiglio generale, ciò non è contrario al regolamento». E i nomi corrono, ma un "designato" non emerge.

Patrizia Soffientini

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