Venerdì 26 Marzo 2004 - Libertà
"Sì, il romanzo è ancora vitale"
Testimoni del tempo - Questa sera alle 21 nuovo appuntamento all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Intervista ad Alberto Asor Rosa: italianista, storico, critico letterario e docente di letteratura italiana. La letteratura, un antidoto alla comunicazione di massa
Nuovo appuntamento con i Testimoni del Tempo questa sera alle 21 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, con Alberto Asor Rosa, illustre italianista, storico e critico letterario, titolare della cattedra di letteratura Italiana all'Università di Roma La Sapienza e scrittore. In attesa di ascoltarlo questa sera nell'incontro dal titolo "La letteratura", gli abbiamo rivolto alcune domande.
Qual è il valore della letteratura e quali sono le sue funzioni nella società contemporanea?
"Alcune funzioni restano quelle tradizionali e cioè quelle della formazione culturale e del contributo che la letteratura dà, insieme ad altre discipline e forme espressive, alla formazione di una identità individuale. Altre probabilmente si possono ricavare e individuare dalla mutata situazione antropologica e culturale: è evidente che negli ultimi 50 anni è cambiato l'equilibrio tra le varie forme di comunicazione e tra i vari strumenti della formazione identitaria, per cui hanno assunto un'importanza maggiore forme diverse della comunicazione come la radio, il cinema, la televisione, Internet e così via... in questo senso io direi che la letteratura da una parte si intreccia con queste nuove forme e le permea, dall'altra, comportando un atto di lettura, richiede un certo tipo di concentrazione intellettuale e mentale che può correggere alcune derive di un universo della comunicazione in cui siano sovrarappresentati strumenti come quelli, ad esempio, della comunicazione di massa".
Da anni si parla di crisi della didattica della letteratura. Lei cosa ne pensa?
"Come ho detto prima, per un verso nell'attuale universo culturale c'è un restringimento delle funzioni tradizionali della lettura, della letteratura, degli interessi letterari e così via. Per un altro verso la letteratura, in conseguenza dell'estensione dell'alfabetizzazione e della scuola di massa, arriva oggi a strati della popolazione immensamente più vasti di quelli a cui arrivava fino a qualche decennio fa. Quindi bisogna reagire alla falsa prospettiva secondo cui ci si interessa meno alla letteratura oggi. Le forme e i modi con cui essa arriva alla popolazione probabilmente sono in questa fase più elementari, per cui bisogna concentrarsi piuttosto che su di una rivendicazione nostalgica del passato, sul trovare gli strumenti per entrare in rapporto con una dimensione della lettura e della letteratura che è andata ben al di là di quella tradizionale".
Da anni si sente anche, ricorrente, l'annuncio che il romanzo è morto. Secondo lei, il romanzo è vivo?
"Personalmente, ho letto dei grandi romanzi scritti negli ultimi 20 anni, per cui, se il romanzo non è morto ieri o l'altroieri, evidentemente c'è la possibilità di scrivere ancora grandi romanzi. Quanto poi non al problema della qualità e dell'elevatezza del prodotto, ma della sua diffusione, direi che mai come in questo momento nella storia della nostra letteratura si siano scritti romanzi. Talvolta in maniera non sempre accettabile, ma direi che c'è in giro un'aria di vitalità molto forte".
Se le chiedessi di fare qualche nome tra i nuovi narratori italiani di maggiore rilievo?
"Fare nomi è sempre molto complicato, però non mi sottraggo a questa impresa orientativa. Io distinguerei almeno due generazioni: quella degli scrittori che hanno tra i 50 e i 60 anni, per la quale posso fare i nomi di Daniele del Giudice, Vincenzo Cerami e Antonio Tabucchi, e quella degli scrittori che hanno tra i 30 e i 40, per la quale posso citare Niccolò Ammaniti, Simona Vinci e Melania Mazzucco".
Dopo una pluridecennale militanza critica e storica, lei ha esordito, due anni fa, nella narrativa, con il romanzo "L'alba di un mondo nuovo", vincitore del Premio Grinzane Cavour 2003. Cosa l'ha spinta a passare dalla critica alla creazione letteraria?
"Non c'è stata una scelta razionale e volontaria di imboccare una strada nuova, diversa da quella precedente. Il romanzo è nato da una cosa molto semplice e cioè dal fatto che a un certo punto nel corso degli ultimi anni sono stato sovrastato da una pulsione della memoria: "L'alba di un mondo nuovo" è il prodotto di questa forte corrente della memoria che io ho colto nel momento in cui si è presentata".
Quindi protagonista indiscussa del suo romanzo è la memoria. La narrativa, allora, per lei, è testimonianza?
"Lo è stata per me. Non penso, ovviamente che la narrativa sia solo memoria, essa può essere anche fiction, nel senso più pieno del termine... certamente però una componente fondamentale della narrativa è la memoria".
CATERINA CARAVAGGI