Giovedì 25 Marzo 2004 - Libertà
Tra il respiro di sax e la malafemmena
Piacenza Jazz fest - Trascinante doppia performance al "Filo": dall'emozione al ritmo. Negri solista e una Banda degli Onesti sulla scia di Totò
Scolpita nel cuore degli appassionati da pietre miliari come i solitari esperimenti di Anthony Braxton negli anni '70 o il meraviglioso The solo album di Sonny Rollins, l'improvvisazione per un solo strumento a fiato (in genere ad ancia, essendo gli ottoni, per loro natura, meno "flessibili" nelle sfumature e nell'eloquio) è in un certo senso la performance più "estrema" della pratica jazz. Difficile per il pubblico, chiamato alla massima concentrazione. Difficilissima per l'esecutore, impegnato in un triplice salto mortale senza rete. Molto più di un pianista o un chitarrista, un saxofonista o un clarinettista che si esibisce in solitudine (forse la solitudine più assoluta che si possa immaginare nella musica) è nudo: nessun altro strumento lo soccorre fornendogli la giusta intonazione; non ha momenti di pausa per riprendersi da uno sforzo fisico usurante (il fiato, le labbra...); e deve anche lottare contro la naturale propensione a distrarsi che prova il pubblico di ogni concerto "strano".
Ebbene, è una meraviglia vedere - anzi, sentire - come Mauro Negri (colonna del quartetto del batterista italo-francese Aldo Romano) sappia venire a capo di così impervie difficoltà nella solitaria improvvisazione in tre parti per clarinetto e sax contralto che reca il titolo, appropriato ed emozionante, di Respiro.
Un'ora di grande musica che l'artista mantovano ha proposto l'altra sera al Teatro dei Filodrammatici nel terzultimo appuntamento del Piacenza Jazz Fest, la brillantissima rassegna organizzata dal Piacenza Jazz Club con Comune, Provincia, Conservatorio, Fondazione di Piacenza e Vigevano e Fondazione Libertà. Tre affascinanti soliloqui (rispettivamente per clarinetto, sax e clarinetto "moltiplicato" con un harmonizer) sorretti da una tecnica d'altissima scuola e soprattutto da feeling e una fantasia combinatoria che permettono a Negri di citare nel suo "volo solista" riferimenti mascherati a molti grandi del jazz.
A seguire l'esibizione di Negri (che ha fatto pure da guest star sulla stilosa "italianata jazz" di Gasman Blues) è stato il godibilissimo concerto di La Banda degli Onesti, ottimo quartetto (non è casuale che il nome sia preso dalla pellicola di Camillo Mastrocinque che nel 1956 inaugurò la filmografia della premiata ditta Totò & Peppino) che l'anno scorso è riuscito nella rara impresa di realizzare uno dei dischi più accattivanti possibili senza cadere nel commerciale: riproposto in gran parte a Piacenza, Totò Jazz (Panastudio) è infatti un atto di sconfinato, intelligente amore verso il principe napoletano del nostro cinema comico formato da Ettore Carucci (pianoforte), Guido di Leone (chitarra), Giuseppe Bassi (contrabbasso) ed Enzo Lanzo (batteria). A essere proposte in versioni jazz di finissimo gusto e giusta scanzonatezza sono melodie che, per i più vari motivi, possono essere etichettate come "musica di Totò".
Ci sono quelle vere sciccherie che sono certi temi (Calypso melody!) firmate dal maestro Piero Umiliani per le colonne sonore dei film del Nostro. Ma ci sono anche le canzoni scritte di pugno del Principe De Curtis in persona: non solo l'immancabile Malafemmena (grande arrangiamento) ma anche la struggente Carme', dedicata da Totò al ricordo della donna di vita che incontrò da ragazzo e che lo convinse che il seminario in cui studiava, forse, non era la sua vera strada.
Alfredo Tenni