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Giovedì 12 Giugno 2014 - Libertà

Fondazione "Pozzoli": disabili, il futuro dopo di noi

Le responsabili: il tema dell'autonomia dei familiari è sfida sentita, ma mancano centri

Le famiglie con persone affette da disabilità sono chiamate a risolvere svariati problemi, legati alla crescita e allo sviluppo della persona cara.
Oltre ai piccoli e grandi sacrifici quotidiani, ci sono fasi di svolta nella vita della persona con disabilità che determinano la ricerca di nuovi sistemi di equilibrio affettivo, sociale e giuridico. Uno dei momenti più delicati è quello del "dopo di noi": cosa succederà ai nostri cari quando noi non ci saremo più e non potremo più occuparci personalmente di loro? Ma l'altro momento veramente fondamentale è il cosiddetto "durante", ovvero quel lasso di tempo che intercorre nel mezzo e nel quale la persona interessata deve essere spronata a diventare indipendente e integrata nella società, per poter poi affrontare senza pericoli il temuto "dopo". Non sono tanti a Piacenza i centri specializzati che si occupano di queste tematiche, e a cercare di colmare la lacuna è intervenuta la Fondazione Pia Pozzoli. Ieri mattina, nella sede di via Alberoni 39, la psicologa Ilaria Fontana e la presidente Vittoria Albonetti hanno incontrato le famiglie che hanno partecipato ai precedenti appuntamenti sul "Dopo di noi" tenuti nel mese di maggio. "Niente come un sogno può creare il futuro" il titolo della giornata, incentrata appunto sul costruire un percorso che aiuti i propri parenti affetti da disabilità a diventare autonomi e accettati dalla società. «Come abbiamo già spiegato a queste persone negli altri nostri incontri - ha detto la Fontana - la fase del dopo di noi è molto sentita perché sono preoccupate, non sanno in che modo potranno vivere i loro cari una volta che non ci saranno più e noi li aiutiamo in particolare all'elaborazione del possibile lutto. Ma c'è l'altra fase, quella che stanno vivendo ora, il durante, che è fondamentale». E come? «Li dobbiamo rendere persone adulte, autonome, per esempio lasciandoli andare ogni tanto anche fuori di casa, farli sentire più responsabili delle loro azioni, il tutto gradualmente e con il supporto continuo della famiglia, che non deve mai mancare». Mancano invece i centri che in città forniscono questo tipo di aiuto.
«Noi continuiamo con la nostra attività - ha concluso la Fontana - dal 2013 siamo inoltre una Fondazione di partecipazione, nel senso che entriamo direttamente nella vita degli assistiti. Poi c'è l'Aias con il suo centro- famiglie e un nuovo progetto di questo tipo, ma oltre a questo non c'è altro a Piacenza, è poco se consideriamo l'importanza della questione nella vita di queste famiglie».

Gabriele Faravelli

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