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Domenica 15 Giugno 2014 - Libertà

Fondazione alla resa dei conti

Domani in consiglio generale la richiesta di revocare alcuni amministratori, ma 4 su 7 (Anselmi, Marenghi, Rebecchi e Tagliaferri) partono al contr'attacco

La lacerazione è forte in seno alla Fondazione di Piacenza e Vigevano. Siamo alla vigila del consiglio generale di domani pomeriggio che potrebbe portare alla revoca di alcuni membri del consiglio di amministrazione da parte del presidente Francesco Scaravaggi o alle dimissioni dell'intero Cda chieste dal fronte politico (Fratelli d'Italia, Piacenza Viva e senza dirlo a voce alta da alcune aree di maggioranza).
Lacerazione conclamata, dunque. Meno chiare, invece, sono le cause tutte interne all'istituto che hanno alimentato questa frattura e che, a ben vedere, viaggiano su un binario diverso rispetto alle accuse rivolte dall'esterno, dal mondo politico che da mesi fa le pulci alla gestione finanziaria, agli investimenti passati, alle perdite subìte, ai rischi corsi, a certi titoli forse svuotati di consistenza, al patrimonio da difendere, oggi sceso a 342 milioni.
La frattura interna è altra cosa, riguarda piuttosto la leadership della Fondazione ed è venuta a galla dopo una raccolta di firme nata su iniziativa interna al consiglio generale stesso per sollecitare Scaravaggi a sostituire uno o più componenti del Cda. Quel testo non è stato reso pubblico, i nomi dei firmatari non sono noti, tuttavia le ragioni della richiesta di "sfiducia" emergono per riflesso in un'altra lunga, dura lettera, diffusa invece ieri e diretta ai consiglieri del consiglio generale e allo stesso Scaravaggi, firmata da 4 membri su 7 del consiglio di amministrazione e precisamente dal vicepresidente Beniamino Anselmi, dai consiglieri Giovanni Rebecchi, Franco Marenghi e Carlo Tagliaferri (gli altri membri sono lo stesso Scaravaggi, il vice presidente vigevanese Renzo De Candia e Stefano Pareti).
Il documento dei quattro amministratori respinge le accuse mosse dalla richiesta di sfiducia («promossa da un membro del consiglio generale») dove si parla di "inaccettabile invadenza rispetto al ruolo del presidente" che, si presume, avrebbero esercitato i membri del Cda nel mirino, generando "rischi di ingovernabilità", un "clima di paralisi" e alterando "equilibri organizzativi collaudati". «Accuse generiche e prive di riscontro» ribattono i quattro, che preannunciano ricorsi legali («a tutela della nostra reputazione» e di quella della Fondazione) se fossero estromessi dal Cda senza ragioni più concrete. I conflitti, la diarchia evocata con la figura del presidente sarebbero solo nei termini di un «normale confronto dialettico», affermano. I quattro consiglieri imputano ad altre cause le ostilità, prima fra tutte la richiesta di introdurre nuovi e più aggiornati modelli di governance in seno alla Fondazione, secondo le indicazioni di Acri, un Codice etico, un Comitato Immobili per contenere «spese eccessive» sulla manutenzione, un Comitato Spese per una valutazione mensile sui costi e nuove modalità per predisporre un albo fornitori. La lettera fa anche riferimento a lavori su immobili della Fondazione che avrebbero visto lievitare i costi in modo non documentato e fa cenno al trasferimento-lampo dei titoli (200 milioni) in Svizzera frutto «del mancato rispetto della deliberazione assunta dal Cda l'8 luglio 2013». Ragioni che toccano direttamente Scaravaggi, la sua gestione: «E sembra curioso rivolgere al presidente un appello perché sostituisca uno o più consiglieri... » scrivono i firmatari. Un gomitolo così ingarbugliato, un clima così avvelenato non si erano ancora visti in Fondazione.

Patrizia Soffientini

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