Domenica 15 Giugno 2014 - Libertà
«Arisi? Maestro radicato nell'arte del territorio»
Anche Vittorio Sgarbi ieri a sorpresa a Palazzo Galli in occasione del convegno sullo storico piacentino
di ANNA ANSELMI
Non un ricordo di circostanza, ma l'omaggio a un grande maestro»: così Vittorio Sgarbi ha voluto spiegare il perché della sua presenza a sorpresa all'iniziativa che, a un anno dalla morte, ha riunito a Palazzo Galli studiosi, amici ed estimatori di Ferdinando Arisi, in un convegno, curato da Alessandro Malinverni, che ha preso in esame i principali temi di ricerca affrontati nella lunga e intensa attività dallo storico dell'arte piacentino, scomparso a 92 anni il 18 giugno 2013, lasciando una bibliografia di oltre 1200 titoli, tra articoli, monografie e cataloghi.
Sgarbi, che insieme ad Arisi aveva curato la mostra su Gaspare Landi allestita proprio a Palazzo Galli e poi a Montecitorio, ha paragonato il contributo alla conoscenza di artisti quali Giovanni Paolo Panini e Felice Boselli fornito dallo storico dell'arte nostro concittadino all'apporto dato da Denis Mahon alla riscoperta del Guercino. Entrambi attenti al dettaglio, esponenti di una conoscenza specialistica focalizzata su certe materie (a partire comunque da fondamenta generali) e autorità indiscusse per gli expertise su alcuni autori. Però, se «Guercino, adottato da uno studioso internazionale, si è affermato come pittore più internazionale di Caravaggio, Arisi ha invece mantenuto uno stretto rapporto con il territorio, con l'ambito umano, personale, civile e storico-artistico di Piacenza. Eppure anche Arisi, come Mahon, è stato contemporaneo dei pittori che ha scelto e li ha fatti diventare lui quelli che sono» ha evidenziato Sgarbi, che ha ascritto Arisi alla terza e, con poche eccezioni, ultima generazione di storici dell'arte che ancora padroneggiavano le basi della disciplina, impostate dai padri fondatori Bernard Berenson e Roberto Longhi. Dopo si è spalancato «il baratro», con il sorgere «della categoria dei curatori indipendenti, che organizzano mostre secondo quello che indica il mercato sulla base di mafie internazionali» ha denunciato, contrapponendovi il metodo con cui la storia dell'arte è all'opposta cresciuta, «rendendo fertile il patrimonio oggetto di studio, aumentando la conoscenza», citando il caso di Caravaggio, Lorenzo Lotto o dello stesso Piero della Francesca, recuperati dall'oblio grazie a critici illuminati, che, come Arisi, «hanno quasi svolto il ruolo di coautori» nei confronti degli artisti di riferimento.
Su quanto lo storico dell'arte piacentino sia stato importante per ricostruire il profilo di pittori come Panini, Landi e Francesco Ghittoni si è concentrata la relazione di Malinverni, conservatore del Museo Gazzola, che ha selezionato tre artisti molto amati da Arisi e appartenenti a periodi diversi, completando cronologicamente l'arco temporale del precedente intervento di Carlo Mambriani, università di Parma, sulla Piacenza tardobarocca degli ultimi Farnese.
In apertura, i saluti del presidente della Banca di Piacenza, Luciano Gobbi, che ha sottolineato l'affabilità e «la semplicità di Arisi, frutto di una notevole maturazione culturale e di una cultura sterminata», mentre «lo sguardo penetrante» rivelava «l'acuta intelligenza e un eccezionale talento. I latini l'avrebbero definito vir sapiens magnificus, probus». Il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano, Francesco Scaravaggi, ha rievocato quando, un anno fa, il presidente emerito della Banca di Piacenza, Corrado Sforza Fogliani, e poi il presidente Luciano Gobbi avevano ipotizzato l'organizzazione di un evento in memoria di Arisi nel primo anniversario della morte. All'iniziativa l'ente di via Sant'Eufemia «non poteva non esserci, per i molteplici contatti intrattenuti da Arisi con la Fondazione». Membro del consiglio generale dal 2005 al 2013, autore di saggi su Palazzo Rota Pisaroni, dove ha sede la Fondazione, ma anche curatore della monumentale monografia su Robert De Longe, che costituisce l'ultima, ponderosa fatica editoriale dello studioso.