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Domenica 8 Giugno 2014 - Libertà

Caroli: «Il mio romanzo per immagini»

Lo storico dell'arte ospite di successo in Fondazione con il suo libro "Voyeur"

di MAURO MOLINAROLI
La sorpresa arriva nel finale, quando lo storico dell'arte Flavio Caroli, ospite di successo l'altra sera in Fondazione, svela le conclusioni del suo ultimo libro Voyeur (Mondadori): vengono proiettate due opere, una di Jackson Pollock e l'altra di Edward Hopper: «Sono il rovescio della stessa medaglia - dice - quella di Hopper è l'espressione della forma, della narrazione visiva, in Pollock c'è il caos dell'arte, la contraddittorietà del vivere che sono poi le linee guida del mio romanzo». Perché proprio il suo ultimo libro è stato il tema di un'interessante conversazione, in cui l'autore tra letture di brani del suo ultimo lavoro da parte dell'attore Roberto Zanoletti e la proiezione di alcune immagini suggestive (da Ermanno Olmi a Michelangelo Antonioni), ha voluto illustrare questa sua ultima fatica letteraria che chiude un ciclo iniziato nei primi anni Ottanta.
«Questo - ha detto - è l'ultimo dei tre romanzi che racchiudono una vita attraverso l'arte. Il primo fu Mayerling amore mio! (Bompiani) scritto nel 1983, in anni particolari per quanto mi riguarda, arrivava a proporre - in un'epoca di consumismo esasperato - anche il consumo della propria morte. Il secondo romanzo Trentasette. Il genio adolescente (Mondadori, 1996) lo scrissi all'età di 37 anni, pensando alle ultime ore di vita di alcuni "divini fanciulli" che hanno incontrato la morte proprio a quell'età; il racconto di artisti che sono ancora oggi presenti per l'immortalità della loro arte. E' il romanzo di Raffaello, Parmigianino, Cantarini, Watteau, Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Tancredi, Gnoli, Manai, Majakovskij: è la narrazione di un'arte morta troppo presto».
Ha aggiunto: «Con questo nuovo lavoro, Voyeur, appago il vizio di una vita, il vizio di guardare. Il romanzo è la storia di Fabrizio, un fotografo di guerra, non è autobiografico, ho preso spunto dal fotografo Romano Cagnoni e dalla sua esistenza in diretta, dove si vive o si muore perché Cagnoni è stato il fotografo della fatica. Le storie non sono mie, ma vengono fuori dalle sue immagini di guerra; perché tutte le volte che tornava dalle Isole Falkland, dalla Cecenia o dall'ex Jugoslavia, tirava fuori ciò che poi ho ampliato nel mio libro: il tema del visibile in rapporto alla violenza. Quando Cagnoni ha letto il romanzo gli ho detto che volevo raccontare i grandi temi, soprattutto il visibile attraverso un romanzo per immagini».
Spiega: «Oggi non è più possibile scrivere il romanzo di stampo ottocentesco, Tolstoj e Dostojevski hanno fatto grande la letteratura ma quel tipo di romanzo è morto. Il mio fotografo, Fabrizio, utilizza la foto come strumento privilegiato per capire il mondo. Vede la luce, segue la volontà che contraddistingue il senso finale alle cose». Come dire, il meraviglioso capriccio dell'essere, della vita, della realtà. Fabrizio, ha inseguito la forma per tutta la vita, tuttavia dopo avere incontrato Andy Wharol, scoprirà che la morte ha obbedito a tutto fuorché alla logica, alla razionalità, alla forma. Che sia morta la forma e che prevalga il caos, il contraddittorio continuo? Ergo, Jackson Pollock.

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