Sabato 31 Maggio 2014 - Libertà
Mafie, Piacenza diventa crocevia per le nuove famiglie della "Piovra"
Il rapporto della Fondazione Caponnetto presentato agli studenti del Colombini
Il procuratore Menditto (Lanciano): «Ogni territorio sano è a rischio infiltrazioni»
«La mafia c'è, lo dicono le indagini. Ed ogni territorio sano, come Piacenza, è a rischio infiltrazione. Non dobbiamo mai abbassare la guardia». Sono le parole di Francesco Menditto, procuratore della Repubblica di Lanciano, uno dei tre testimoni che ieri mattina, nella sala del Consiglio Provinciale, ha presentato il rapporto 2014 "Per una Emilia Romagna senza mafia". II rapporto, redatto dalla Fondazione Antonino Caponnetto, si inserisce nell'ambito delle attività dell'Osservatorio legalità e Sicurezza, realizzato su base provinciale a seguito della sottoscrizione dell'Accordo di Programma tra la Provincia di Piacenza e la Regione Emilia Romagna.
«Il lavoro svolto - dice l'assessore provinciale alla Sicurezza Maurizio Parma - consente di sensibilizzare il mondo della scuola e il tessuto sociale sul pericolo di infiltrazione nei territori della regione». «Partecipiamo oggi - sottolinea il presidente della Provincia Massimo Trespidi - ad un momento importante che consente di renderci conto che nessun territorio è impermeabile rispetto alle infiltrazioni mafiose. Non dobbiamo mai considerarci al sicuro. La lotta alla mafia si combatte anche sulla strada e dal basso».
Ad illustrare i dati, alla presenza delle massime autorità, della Giunta provinciale e di alcuni studenti dell'istituto Colombini, sono stati, oltre a Menditto, Salvatore Calleri, presidente Fondazione Antonino Caponnetto, Rosario Aitala, consigliere per gli affari internazionali della Presidenza del Senato.
Secondo il rapporto il territorio piacentino, anche per la sua posizione strategica, è un punto di incontro tra varie famiglie che qui hanno alcuni dei loro interessi economici. Anche se vale la pena di osservare come l'unica famiglia stanziale sia la Grande Aracri di Cutro, duramente colpita dai 31 arresti dell'operazione Grande Drago (1999-2004) del reparto operativo dei carabinieri di Piacenza, allora comandato dall'attuale colonnello Edoardo Cappellano.
«Una ventina sono i ceppi mafiosi in regione, di cui dieci italiani ed altrettanti stranieri - spiega Calleri -. Non abbiamo raggiunto il livello delle altre province ma con la crisi e la posizione strategica dell'Emilia Romagna le infiltrazioni sono in aumento. Le nostre iniziative sono mirate a sensibilizzare la gente e gli studenti con percorsi nelle scuole, ad esempio al Colombini, perchè è importante parlare del fenomeno mafioso. Mai voltarsi dall'altra parte: le forze dell'ordine e lo Stato non vanno lasciati soli».
«La mafia è una società in cui in cui gli affiliati si sentono degli eletti - osserva il magistrato Aitala -. Anche i bambini piccoli vengono educati sin da subito ad odiare lo Stato, ad esempio a fare le corna quando passa una macchina della polizia. A scuola poi, devono parlare e giocare solo con alcuni bambini: i figli di altri mafiosi».
Il procuratore Menditto si rivolge subito agli studenti: «Quando avete a che fare con episodi di bullismo o di sopraffazione, dovete sempre decidere da che parte stare. Accade sempre nella vita. E' la scelta della legalità o dell'illegalità. Se sceglierete la prima potrete sempre camminare a testa alta».
Federico Frighi