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Martedì 27 Maggio 2014 - Libertà

Se Lysistrata occupa tutto il teatro

pre/visioni Gran divertimento al Teatro dei Filodrammatici con lo spettacolo tratto da Aristofane
Rutilante messinscena della "Filo" firmata dal regista Autelli

PIACENZA - Una "Filo" a... luci rosse. Un teatro occupato, a ferro e fuoco, tra spari e botte da orbi, erezioni abnormi, pulsioni incontenibili, pruriti erotici ed epifaniche visioni.
«Fate l'amore, non la guerra». Il messaggio è arrivato chiaro, sabato e domenica sera al Teatro Filodrammatici, dove il giovane regista milanese Claudio Autelli (assitente alla regia Federica Ombrato), alla testa del valoroso e ben assortito gruppo di attori della Scuola di perfezionamento della Società Filodrammatica Piacentina ha portato in scena un Aristofane dal ritmo furioso.
Lysistrata, #occupyeverything (esito del consueto laboratorio annuale con gli attori più esperti del gruppo, inserito nel cartellone Pre/Visioni di Teatro Gioco Vita e prodotto grazie al sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano, Provincia e Bulla Sport) è stato uno spettacolo energico, invasivo, pervasivo, perennemente in bilico tra copione scritto e libertà improvvisativa a briglie sciolte per le gag più audaci. Una messinscena che ha scombussolato ogni regolare dinamica da "quarta parete", coinvolgendo il pubblico anche fisicamente in una girandola teatrale animata da un dinamismo incontenibile.
C'è stato da sbellicarsi, intenerirsi, tenere il fiato. La Lysistrata di Autelli, ammodernata con piglio contemporaneo e trasgressivo insieme al drammaturgo, suo coetaneo e sodale, Raffaele Rezzonico, ha emozionato, conquistando applausi scroscianti. Merito della nuova traduzione del testo, frizzante e sbarazzina, delle brillanti intuizioni registiche e di un'ottima distribuzione delle parti, affidate a un cast svariato e capace che, con ritmi di lavoro serrati, ha saputo dare il meglio sull'onda di un entusiasmo contagioso.
Se il celebre intreccio, giocato sullo sciopero del sesso giurato dalle donne di Sparta e Atene capeggiate da Lisistrata per porre fine alla guerra, ristabilire gli equilibri famigliari e risollevare il Paese dalla rovina, è stato fedelmente rispettato, la traduzione scenica è stata felicemente stravolta. Quattro i luoghi dell'azione. Tutto inizia sul palco, deputato alle parti meno concitate, con la convocazione del "pollaio" femminile, radunato a semicerchio. Ma l'azione esonda, dapprima su una passerella che taglia l'intera platea palmo a palmo col pubblico, poi scomodando la sala intera tra esilaranti e frenetiche rincorse tra uomini e donne armati fino ai denti (estintori e posacenere inclusi), senza dimenticare le gallerie, dove i vecchi corifei si appollaiano come Muppets commentando l'azione e auspicando un domani migliore, e da cui le ragazze riottose srotolano i lenzuoli dell'occupazione (e sembra di piombare nel mezzo del "Valle" Occupato o forse al Macao di Milano) lanciando i biglietti della rivolta e resuscitando scene risorgimentali di viscontiana memoria.
Nei panni della protagonista, una splendida Gabriella Carrozza, accorata e determinata, dapprima in mise "cheguevariana" e infine in tailleur e fascia tricolore. A formare il variopinto gruppo di donne, tutte bravissime e a dir poco pimpanti e provocanti, Simona Fornari, Flora Croce, Anna Rosa Zanelli, Mila Boeri e Valentina Ghelfi nel ruolo decisivo di Mirrina, protagonista di uno dei duetti più spassosi dello spettacolo, quando, a un passo dall'epilogo, è chiamata a lasciare a un palmo di naso l'infoiato marito Cinesia, un travolgente Nando Rabaglia. Ugualmente gagliardi gli altri maschi: Maurizio Cammi, il divertente Giuseppe Orsi en travesti nei panni di Cleonice e Carlo Tacchino nel ruolo del commissario, destinato a un gustoso dileggio. Una nota a parte per gli effervescenti e teneri corifei - Paola Santini, dagli occhi magnetici, e Paolo Dallatorre, protagonista addirittura di un esilarante striptease in cui ha liberato tutta la sua esuberanza di gran caratterista - e per l'evanescente, danzante fisicità di Liliana Palumbo, che appare prima come oracolo e poi come personificazione della pace, chiamata a trascinare con il suo magnetismo la scia di uomini arrapati verso un'orgia finale degna del Moulin Rouge sul beat discotecaro, provocatoriamente azzeccato, rinforzato dal Bunga bunga alla volta degli applausi. I variopinti costumi erano di Loredana Vallisa, le luci di Alessandro Gelmini.

Paolo Schiavi

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