Domenica 4 Maggio 2014 - Libertà
«Alunno con carenze? No, valore aggiunto»
Chiuso il ciclo di convegni sulla scuola inclusiva verso chi presenta stati di disagio
«Non c'è più spazio per l'insegnante che, come una nuvola carica di pioggia, scarica il suo sapere sui crani degli studenti e se ne va». Usa questa metafora Fabrizio Foschi, insegnante di Cesena e presidente nazionale Diesse, a conclusione della 13esima edizione dei Convegni piacentini sull'educazione promossi dalle associazioni Diesse (Didattica e innovazione scolastica) e Disal (Dirigenti scuole autonome e libere) col patrocinio del Miur. Appuntamento atteso, che anche quest'anno - sul tema "Oltre i Bes, per una scuola inclusiva" - ha raccolto 10 iscritti: dal Piacentino, Emilia, Lombardia, persino Puglia.
Foschi lancia l'appello: «Misuriamoci con i contesti che sono completamente cambiati. I Bes (con questa sigla vengono indicati gli alunni con bisogni educativi speciali, ndc) sono solo un esempio di questo cambiamento in cui l'alunno crea problemi alla scuola e non viceversa. Chi vive la scuola, chiamata a rispondere a esigenze nuove, deve decidere se voler o meno affrontare le sfide che pone».
Gli insegnanti radunatisi venerdì e ieri nell'auditorium della Fondazione, la sfida non hanno paura di raccoglierla. Come Elena Piantoni, giovane docente di sostegno "per scelta": «Avere certi bambini in classe è un valore aggiunto e non una fatica fine a se stessa. Occorrono adulti che non abbiano paura del loro bisogno e delle loro paure. La maestra legittima una posizione di fiducia o sfiducia. Ma lei per prima deve avere un'idea positiva dell'altro, altrimenti, involontariamente, finisce per comunicare sfiducia». Cristina Ferrarini, docente di matematica in Brianza, racconto un metodo di approccio alle classi basato sulla volontà di guardare quello che c'è nei ragazzi e non di applicare schemi: «Spesso i docenti entrano in una classe nuova con la preoccupazione di classificare gli allievi. Il rischio della normativa sui Bes è quello di aumentare le stereotipie. Per questo nella nostra scuola ci siamo dati la regola di almeno un trimestre per elaborare un'osservazione, alla ricerca di ciò che i ragazzi sanno fare e non di ciò di cui sono carenti».
Ancor più efficace quando al modello competitivo di molti modelli scolastici si sostituisce quello collaborativo, come nel progetto "Vieni a studiare a casa mia" raccontato da Silvia Orlati, dirigente di Bologna: «Le case di madri dell'associazione Famiglie per l'accoglienza si sono aperte per offrire un luogo in cui creare condizioni in cui fare bene i compiti, insieme, mettendo al centro le persone. Un bambino che non andava bene a scuola una volta ha raccontato: "Per la prof. di italiano noi non esistiamo, non ci considera. E allora noi non studiamo le sue materie"».
Dopo le esperienze didattiche, la parola agli esperti: il saggista Rosario Mazzeo parla di valutazione formativa; Ezio Delfino, presidente nazionale Disal, di "Scuola della persona". Delfino incoraggia: «Sono molte le occasioni per lavorare a costruire una scuola inclusiva. E non occorre reinventare sempre tutto daccapo: la buona organizzazione è quella che valorizza ciò che c'è».
Donata Meneghelli