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Domenica 21 Marzo 2004 - Libertà

Jazz gagliardo e divertente

PIACENZA JAZZ FEST. Con un quartetto italiano e un trombonista americano. Steve Turre stupisce suonando conchiglie

Di personaggi "strani" la storia del jazz è gloriosamente piena, ma non c'è dubbio: anche in un simile contesto, Steve Turre è strano forte. Non ci riferiamo solo al look (lunga treccia da mandarino cinese, barbetta alla Fu Manchu, scarpe bicolori in simil-struzzo bianco e simil-coccodrillo nero) che il grande trombonista californiano trapiantato in New Jersey sfoggiava nel gagliardissimo concerto da lui tenuto al President l'altra sera per il Piacenza Jazz Fest; né al tono di voce - afono, cavernoso ma stranamente suadente - con cui il Nostro si rivolge al pubblico. La "stranezza" più vistosa di Turre (che non ci stupisce abbia suonato per un po' alla corte di un altro bell'eccentrico come Roland Kirk) è squisitamente musicale. Oltre al trombone, di cui è solista eccelso (forse il più grande degli ultimi anni), Steve "suona" da virtuoso anche conchiglie di varia forma e grandezza. Sarebbe meglio, anzi, fare a meno delle virgolette, perché l'ipermusicale Turre (modulando sapientemente il soffio o la voce, e occludendo il foro con la mano a coppa) suona veramente i gusci di questi molluschi marini, traendone non solo una gamma di suoni stupefacente per estensione, intonazione (ci sono pure i semitoni!) e ricchezza timbrica ma anche improvvisazioni jazzistiche di strepitosa scioltezza. In questi momenti il pubblico si diverte moltissimo, il che è sempre un bene. Ma è bene sottolineare che siamo assai lontani da quei trucchi da circo che gli americani chiamano "gimmicks", come suonare la chitarra coi denti o il violino coi piedi: le conchiglie di Turre - quasi al pari del suo trombone - sono al servizio di un discorso musicale serissimo, artisticamente prima ancora che tecnicamente. La serata, com'è consuetudine per molti appuntamenti del Piacenza Jazz Fest (organizzato dal Piacenza Jazz Club presieduto da Gianni Azzali con l'assessorato alla cultura del Comune, la Provincia, il Conservatorio, la Fondazione di Piacenza e Vigevano e la Fondazione Libertà), metteva in cartellone ben due concerti. Ha aperto le danze il quartetto guidato da una delle più importanti rivelazioni che il jazz europeo abbia conosciuto negli ultimi anni: il saxofonista Rosario Giuliani, compositore dalla penna apprezzabile e solista vulcanico. Limpido e sensuale come sopranista (ottimo in The creature, brano a firma del pianista Pietro Lussu), Giuliani è a mio avviso molto meglio come contraltista: ne fanno fede il magnifico dialogo col contrabbassista Dario Rosciglione in Sortie, l'ubriacante piglio funk alla Cannonball Adderley di Mr.Dodo o la portentosa frenesia da "shouter", debitamente sostenuta dal batterista Marcello Di Leonardo, di London by night, tra i momenti migliori di un giovane asso del sax il cui calore "sudista" riesce a dare nerbo anche ai momenti più zuccherini (l'originale My angel, Home di Michel Petrucciani). Quindi, accompagnato da Nico Menci al piano, Marco Marzola al contrabbasso, ma soprattutto dal batterista "extraordinaire" Chuck McPherson (un'elegantissima forza della natura) sale sul palco Steve Turre, armato di trombone e conchiglie per travolgere il pubblico. Si parte con Ray's collard greens, dal riffone che sembra un superclassico e invece è un brano originale scritto da Turre per le avventure jazz di un amico importante: Ray Charles ("Questa è per Ray, che è tanto malato: speriamo che gli dia un po' di forza", dice Steve dal palco), poi con Say when del trombonista principe J.J. Johnson (ommaggiato anche con Coffee pot, che offre a MacPherson il destro di un grande assolo), poi ancora con Claudia, sciccheria del cubano Chucho Valdez eseguita in un modo che manderebbe in estasi Paolo Conte, infine con un'indescrivibile versione "conchigliare" di All blues di Miles Davis (nientemeno). Il bis è un incandescente tour de force su Back in the day di Stanley Turrentine: anche Giuliani, al sax alto, è della partita.

Al.Te.

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