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Sabato 3 Maggio 2014 - Libertà

«Tutti gli studenti sono speciali»

Centosessanta docenti al lavoro per una scuola inclusiva che vada oltre i "Bes"
Il preside Monti: «Abbandonare la logica impiegatizia e rischiare scelte nuove»

‘Bes' è una sigla quasi sconosciuta per i non addetti ai lavori, ma nel mondo della scuola e' entrata in uso da un paio d'anni. L'acronimo sta per Bisogni educativi speciali. Dietro la selva di sigle di cui si nutrono le istituzioni per indicare alunni e progettualità formativa, Bes, dsa, pdp, pof, pei, ci sono loro: i soggetti della comunità educante, gli studenti e i docenti. L'attenzione alla loro soggettività e alle loro relazioni è la cifra distintiva del corso di aggiornamento per insegnanti e dirigenti scolastici apertosi ieri pomeriggio presso l'auditorium della Fondazione dove stamane si terrà la seconda sessione.
Ben 160 i partecipanti per un convegno (organizzato dalle associazioni professionali Diesse e DiSAL col patrocinio dell'Ufficio Scolastico Regionale) dal titolo non banale: "Oltre i BES: verso una scuola inclusiva". Nella sua introduzione, il dirigente scolastico Mauro Monti ha indicato sia lo scenario europeo in cui si è sviluppata la cosiddetta special education, sia la via italiana legata alla normativa Bes, ovvero quelle situazioni che, pur non rientrando nella casistica dei veri e propri deficit, abbisognano di particolari attenzioni formative (disagio familiare, sociale, recente immigrazione, ad esempio).
Ma non sono forse tutti gli studenti portatori di bisogni specifici? Monti sottolinea i rischi dell'eccesso nella classificazione e medicalizzazione di qualsivoglia tipologia di disagio e rilancia il compito di una scuola "inclusiva": «La condizione perché queste situazioni problematiche possano essere affrontate è che ci siano docenti e dirigenti disposti a non rinchiudersi in una dimensione impiegatizia, ma capaci di rischiare scelte didattiche ed organizzative nuove».
Molti gli stimoli offerti da Italo Fiorin, docente dell'università LUMSA di Roma, nella relazione "Indovina chi viene a scuola". Cita il celebre romanziere Daniel Pennac: un'esperienza scolastica difficile perché i prof scambiarono la sua dislessia per negligenza, poi insegnante e scrittore. Cita don Milani e l'incipit di «"cara professoressa" lei non si ricorderà certo di me, ne ha bocciati tanti». Si chiede: «Basta la competenza o la preparazione disciplinare per essere un buon insegnante? Sono accogliente solo con chi mi da' risultati, secondo il modello educativo che io propongo? » Mette in discussione il tipo di insegnamento costruito sull'alunno medio, e la valutazione che punta solo a selezionare: «Non basta aggiungere un posto a tavola (un banco a scuola) ma la comunità educante è chiamata ad accogliere, ad includere, a personalizzare l'insegnamento, in una parola, al mettere al centro la persona».
Conclusione dei lavori affidata a Pierpaolo Triani docente della Cattolica. Stamattina (9-13) narrazione di esperienze didattiche e interventi di Rosario Mazzeo, dirigente scolastico, Ezio Delfino, presidente DiSAL, Fabrizio Foschi, presidente Diesse.

Donata Meneghelli

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