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Sabato 20 Marzo 2004 - Libertà

Chi non comincia è a metà dell'opera

L'INIZIO DEL ROMANZO.Pubblico folto alla Passerini Landi per la "lezione" di Edoardo Sanguineti. "Il romanzo moderno? Senza certezze strutturali"

Nel gremito salone monumentale della Passerini Landi, si è svolto ieri sera il terzo appuntamento della rassegna "L'inizio del romanzo", organizzata dalla Biblioteca Comunale in collaborazione con il Comune di Piacenza e la Fondazione di Piacenza e Vigevano. L'ospite di ieri, infatti, degno sfidante del prestigioso appuntamento al Municipale, era uno dei più grandi poeti e letterati del Novecento: Edoardo Sanguineti, poeta, traduttore, docente di Letteratura all'Università di Torino, Salerno e Genova, autore di teatro, critico e saggista, nonché esponente di punta della neoavanguardie del Gruppo '63. Introdotto dalla poetessa lucchese Alba Donati, curatrice di questo ciclo di incontri alla Biblioteca comunale, Sanguineti ha parlato dell'importanza che riveste l'inizio della narrazione, soprattutto per quanto riguarda la narrativa. L'inizio, ha detto Sanguineti, da sempre, fin dalle norme aristoteliche riguardanti l'arte oratoria, deve perseguire lo scopo di rendere il lettore attento e docile, di attrarlo, di sedurlo, di evitare che si distragga. E insieme all'inizio, ha aggiunto Sanguineti, fondamentale è da sempre la conclusione della narrazione, le cosiddette "ultime parole famose", che devono lanciare il messaggio finale del testo, uno "slogan efficace e conclusivo". In mezzo, sta lo svolgimento, che ha la funzione di legare questi due punti e può anche essere meno persuasivo. Il risultato è il cosiddetto "romanzo ben fatto", con un inizio forte e un finale obbligato, che, come le fiabe per i bambini, più è previsto, meglio è. Proprio da questo concetto, ha spiegato Sanguineti, dall'esigenza di farla finita con una scrittura che soddisfi questi schemi classici, è nato l'antiromanzo moderno, che rifiuta le strutture canoniche per puntare su altro. Nella cultura moderna infatti, e soprattutto nella cultura delle avanguardie degli anni '50 e '60, viene cancellato il momento iniziale e il momento finale della narrazione, per cui non c'è più un inizio e una conclusione. Questo accade, per esempio, negli anni delle avanguardie, nel teatro, dove lo spettatore entra nella sala e trova lo spettacolo già cominciato, o, ancora, nella musica, dove vengono composte partiture che si possono iniziare da dove si vuole, o, per l'appunto, nel romanzo, là dove compaiono addirittura volumi non impaginati, con pagine sciolte che il lettore può posizionare e rimescolare a suo piacimento. Tutto ciò tuttavia, ha precisato Sanguineti, vale per la narrazione, per la poesia narrativa. Per la poesia lirica le cose cambiano e sono molto più complicate, dal momento che in Aristotele la lirica non viene trattata e dunque non esiste alcuna normativa in merito. Non esiste alcun studio, alcun trattato sui vari modelli di inizi e di conclusioni nella lirica, ha detto Sanguineti. Vi sono inizi in medias res, primo tra tutti l'incipit della Divina Commedia, "Nel mezzo del cammin di nostra vita"; vi sono gli inizi con l'invocazione alla musa, primo fra tutti il "Cantami o diva del pelide Achille l'ira funesta" dell'Iliade; o l'"Io canto" del poeta, come nell'Orlando Furioso o nella Gerusalemme Liberata; o ancora l'appello al lettore, come nel Petrarca, ma sostanzialmente la Poesia può cominciare dove vuole e finire dove vuole. Dovendo poi rispondere alla domanda che la moderatrice, come di consueto, rivolge agli ospiti della rassegna, riguardante gli inizi che essi ritengono esemplari nella storia della cultura di tutti i tempi, Sanguineti ha risposto con una battuta: "La carne è triste, ahimè! e ho letto tutti i libri - diceva Mallarmé -. Io dico invece che la carne è allegra e non ho letto tutti i libri, per cui è difficile per me rispondere a questa domanda".

CATERINA CARAVAGGI

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