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Martedì 13 Maggio 2014 - Libertà

«Racconto malattia e guarigione»

Zurla nel suo ultimo libro "Dal buio alla luce: il coraggio di rinascere"

PIACENZA - Parlano la stessa lingua, la sofferenza e questo grande bisogno di umanità. «Ma senza il secondo non si esce dalla prima», dice chiaramente il dottor Renato Zurla, presidente provinciale della Croce Rossa, interpellato ieri al telefono in vista di un appuntamento importante, previsto per questa sera nell'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano.
A partire dalle 21, sarà infatti presentato in via Sant'Eufemia il suo ultimo testo, edito dalla casa editrice Pontegobbo. Dal buio alla luce: il coraggio di rinascere è un libro diverso dagli altri pubblicati da Zurla, premiato a Bobbio e a Piacenza come cittadino dell'anno nel 2013. Se nelle altre pubblicazioni, infatti, Zurla parlava degli altri - altri Paesi, altre storie, altri volti - e del loro dolore, questa volta la sofferenza e il bisogno di umanità sono i suoi.
I fili del proprio vissuto quotidiano si intrecciano fin dall'infanzia, nel racconto, fino a riportare alla luce, non senza fatica, quel drammatico agosto 2008, quando Zurla scopre di soffrire di una malattia rarissima, l'encefalite erpetica. Da lì il calvario, fino alla rinascita e alla riscoperta delle piccole cose. Quelle che salvano. Le uniche che salvano.
Siamo a Bobbio, in una calda serata estiva. Ospite del Festival della letteratura organizzato dalle edizioni Pontegobbo, viene premiato come "Piacentino dell'anno". Le viene strappata la promessa di scrivere in prima persona, la sua storia, la sua malattia.
«Sì, è stato il direttore di Libertà, Gaetano Rizzuto a strapparmi quella promessa. E non lo ringrazierò mai abbastanza per averlo fatto. Inizialmente mi sono detto "Ci provo". Non è stato facile ricostruire la mia malattia, ho vissuto momenti di assoluta incertezza e di paura. Durante quelle settimane difficili non mi rendevo del tutto conto di quanto fosse grave la situazione. Il percorso di cura è durato esattamente un anno: nei valori di quando ero bambino ho ripreso lentamente in mano la mia storia, con la voglia di farcela a tutti i costi. Ho dovuto mettere in campo tutto quello che potevo, tutto. Solo dopo un anno sono riuscito a riprendere a lavorare: il percorso riabilitativo è iniziato a Pontedellolio ed è terminato a Parma».
Stasera, moderati dal direttore Rizzuto e alla presenza del presidente della Fondazione, Francesco Scaravaggi, ci saranno le persone che le sono state più vicine in quei mesi difficili: Sergio Orlando, direttore Area Critica dell'ospedale di Piacenza, Anna Mazzucchi, neuropsicologa, e sua figlia, Francesca, educatrice. Quale sarà il loro compito, nella serata?
«Orlando mi ha preso per mano e mi ha tirato fuori dalla possibile tragedia. Ha avuto il coraggio clinico di fare una scelta. La Mazzucchi credo che sia oggi tra i massimi esperti internazionali del settore. Mia figlia mi ha seguito con capacità e determinazione, insieme a tutta la mia famiglia. Un'altra delle mie figlie ha rimandato il matrimonio di un anno dicendomi: "Papà così ci sarai anche tu". Così è stato. Vorremmo tutti insieme dare un messaggio: stare accanto all'ammalato è fondamentale. La presa in carico della sua sofferenza è un momento di vitale importanza. Con umanità si possono realmente affrontare situazioni irrecuperabili: non sono favole, è realtà».
Si dice che, superata a denti stretti la malattia, i pensieri crollino. E inizino i veri disturbi cosiddetti "post traumatici", la paura che il dolore ritorni, l'incapacità a una vita normale.
«A me ha aiutato tantissimo tornare a lavorare, recuperare contatto con le persone e occuparmi di loro. E mi ha aiutato anche scrivere il libro, è stata una terapia».

Elisa Malacalza

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