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Sabato 26 Aprile 2014 - Libertà

«Insegno i segreti per stare in scena»

Cesar Brie domani con "Il mare in tasca" alla Sala delle Muse

piacenza - Dopo il successo del toccante spettacolo Solo gli ingenui muoiono d'amore e dello straordinario laboratorio dell'anno scorso, il grande attore e regista argentino Cesar Brie, nuovamente impegnato in questi giorni alla Società Filodrammatica Piacentina con una rinnovata edizione del suo laboratorio di perfezionamento teatrale, torna in scena domani sera alle ore 21 alla Sala delle Muse di via San Siro con un altro spettacolo "cult" del suo repertorio, Il mare in tasca, la curiosa storia "metateatrale" di un attore trasformato in prete che, attraverso un dialogo con dio, affronta il tema dell'amore: l'autore rivede così la sua esistenza e il prete permette all'attore di dialogare con un dio in cui non crede, mentre il pubblico fittizio rappresentato sulla scena, fatto di pupazzi, permette al sacerdote di rivolgersi al pubblico reale senza confonderlo con il suo gregge.
Per lo spettacolo, inserito nella stagione della "Filo" grazie anche al contributo di Fondazione di Piacenza e Vigevano, Provincia e Bulla Sport, è consigliata la prenotazione a causa dei posti limitati. Ci si può rivolgere alla mail info@filodrammaticapc. org o al numero 3482680228.
Maestro, come ha trascorso questo anno passato dalla sua ultima trasferta piacentina?
«Fortunatamente, tra tanti impegni lavorativi. Siamo stati molto presi con la mia compagnia Teatro Presente: dopo il fortunato Karamazov abbiamo montato e portato in giro Il vecchio principe, La Mite, Orfeo ed Euridice e InDolore. Sono stato in tournée nella "mia" Argentina e ho ripreso la regia di Viva l'Italia, in replica in questi giorni all'Elfo di Milano, dal testo di Roberto Scarpetti, sulle morti violente di Fausto e Iaio del 1978. Uno spettacolo che parte dal particolare per parlare delle tante vittime di quegli anni bui e, più in generale, della violenza politica. Al momento lavoro ad una trilogia sulla pietà, che sta traendo nutrimento e ispirazione anche dal seminario in corso a Piacenza».
Ecco, che lavoro sta svolgendo con gli allievi?
«Sto indagando soprattutto la loro infanzia, alla ricerca degli archetipi e dei paradigmi fondanti dell'esistenza, nucleo tematico su cui si fonderà uno dei prossimi spettacoli. Il titolo dello stage è sempre lo stesso, Pensare la scena: la mia missione è cercare di trasmettere ai partecipanti i segreti per stare in scena in modo sincero, onesto e unico, come unico e irripetibile è ognuno di noi. Anche l'allenamento tecnico, per governare il corpo e le azioni, serve ad imparare a "non recitare", a stare sul palco serenamente per raggiungere la verità nella finzione».
Veniamo a Il mare in tasca, un suo vero classico.
«Un immortale cavallo di battaglia. Lo spettacolo da cui, 23 anni fa, è partito il mio percorso di ricerca sulla creazione della metafora e della poesia scenica. È una delle mie creazioni preferite, replicatissima e sempre fedele a se stessa: ho aggiunto una sola scena in tutti questi anni, ed è sicuramente cambiato il mio modo di recitare, più calmo e pausato, ma per il resto tutto si è conservato vivo. E' il pregio di un lavoro fortemente evocativo, che affronta temi senza scadenza. Attraverso il dialogo tra l'attore e Dio si parla soprattutto d'amore e si affrontano grandi questioni come il divorzio e l'eutanasia: uno spettacolo tragicomico, che alterna risate e riflessione».
Per chiudere, ci può anticipare qualcosa di questa sua futura trilogia sulla pietà?
«Il primo quadro sarà pronto dopo l'estate, un monologo sugli archetipi dell'esistenza cui accennavo. Poi arriveranno Il pensiero e l'anima, ispirato alla filosofa francese Simone Weil, e Il paradiso perduto, su cosa vuol dire essere giovani oggi. Non voglio farmi fregare dalla miseria del "primo mondo", poco tempo e molte risorse: farò con poco, prendendomi tutto il tempo che mi serve».

Paolo Schiavi

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