Mercoledì 30 Aprile 2014 - Libertà
Al Gazzola Day due secoli e mezzo di arte piacentina
Appello del conservatore Malinverni per un archivio fotografico
Ha alle spalle due secoli e mezzo di storia, ma formalmente il museo Gazzola, allestito nel palazzo che ospita l'omonima scuola d'arte, è forse l'ultimo nato dei musei piacentini. Eppure, in questo stesso edificio aveva mosso i primi passi anche il Museo civico di Piacenza, successivamente trasferito, dopo un tribolato percorso, a Palazzo Farnese, dove si trova tuttora.
Su questi intrecci - che riguardano direttamente non solo il passato della nostra città, ma la consapevolezza, coltivata inizialmente da una ristretta e lungimirante élite, dell'importanza di preservare e valorizzare il patrimonio artistico, ossia la memoria, della collettività - è incentrata la seconda edizione del Gazzola Day, in programma il 10 maggio.
La manifestazione verrà dedicata a Ferdinando Arisi e sarà proprio focalizzata sul Gazzola quale prima sede del Museo civico di Piacenza. A questo proposito il conservatore del Museo Gazzola, Alessandro Malinverni, lancia un appello: «Molte fotografie dell'allestimento del Museo civico come si presentava al Gazzola sono state pubblicate nel corso degli anni, soprattutto grazie ad Arisi, autore nel 1960 del primo catalogo del Museo civico, ma può darsi che ne esistano altre. Per questo chiedo a tutti i piacentini che vogliano dare il loro contributo, fornendo materiale utile a ricostruire l'assetto e la vita del museo, a mandare le informazioni all'indirizzo mail: piacenzaricorda@libero. it».
Arisi venne nominato conservatore del Museo civico il 16 aprile 1950, successore di Alfredo Soressi, che fu pittore e architetto, nonché docente di ornato all'Istituto d'arte Gazzola, dove era stato allievo di Francesco Ghittoni. Quest'ultimo fu il primo direttore del Museo civico aperto al Gazzola il 10 agosto 1903, davanti a una moltitudine di persone. «Il primo nucleo sorse sulla scia dell'entusiasmo suscitato dalla Mostra di arte sacra del 1902: la straordinaria ricchezza artistica della città era stata rivelata al pubblico e si era cercato dunque un luogo che permettesse ai piacentini e ai turisti di fruirne» osserva Malinverni.
L'istituto Gazzola concesse gli ambienti dove il Museo civico rimase per decenni, «tra mille difficoltà di spazio e disinteresse da parte degli amministratori comunali. In effetti alcuni depositanti ritirarono i propri pezzi e il Museo dovette chiudere durante i conflitti mondiali. In particolare, durante la seconda guerra le opere furono ricoverate a Veano, poi a Torrechiara e infine a Chero di Carpaneto».
Ghittoni cercò di attuare una sistemazione razionale: «Non gli fu però possibile a causa degli spazi troppo ridotti: le armi furono collocate in una piccola sala; il materiale archeologico e lapidario nel cortile; terrecotte, gessi e quadri sullo scalone; mobili e sculture nel loggiato; quadri, arazzi, disegni, ceramiche, vetri e altro materiale archeologico nelle sale oggi occupate dal Museo Gazzola».
L'iniziativa del 10 maggio, patrocinata dal Comune di Piacenza, è promossa dal consiglio di amministrazione e dalla Fondazione Istituto Gazzola, con la collaborazione della segretaria Nicoletta Baffi e dei docenti Malinverni, Mario Branca, Giorgio Fanzini, Bruno Grassi e Bruno Missieri, con il coinvolgimento di Fai Giovani di Piacenza, Fondazione di Piacenza e Vigevano, Studio fotografico Croce di Maurizio Cavalloni, Tep arti grafiche e privati come Domenico Antro, la famiglia Arisi e coloro che vorranno rispondere all'appello per reperire ulteriori testimonianze.
Anna Anselmi