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Sabato 29 Marzo 2014 - Libertà

Con i ragazzi della Filo un Molière moltiplicato

"Il medico per forza" nella originale rilettura del regista Leonardo Lidi

PIACENZA - Tutti nutriamo aspettative e facciamo proiezioni sugli altri: una donna quando sposa suo marito; un marito che vuole la moglie a casa; uno spettatore quando va a teatro, magari a vedere una commedia di Molière. Si aspetta di ridere, anzitutto. Se poi lo spettacolo in questione è un "saggio" di una scuola di recitazione, si aspetterà di vedere recitare i compagni di classe: a ciascuno il suo bel personaggio, con le battute imparate a memoria, i gesti studiati che imitano litigi e baci.
Aspettative respinte. Si produce invece un bel cortocircuito assistendo allo spettacolo Il medico (x forza) proposto dalla scuola di recitazione per scuole superiori della Società Filodrammatica Piacentina alla Sala delle Muse di via San Siro per la regia di Leonardo Lidi che da Piacenza proviene ma che sta spiccando il volo sul territorio nazionale come attore e apprezzato uomo di teatro, e con il sostegno di Provincia, Fondazione di Piacenza e Vigevano e Bulla Sport.
La sua regia non è né banale né familiare (gli schemi forse è meglio lasciarli ai format tv). Eppure è fedele al testo di Molière, anzi lo moltiplica, lo amplifica, lo fa entrare in un prisma di voci. Dai tre atti originali (qui ce n'è uno, intenso, di un'ora) la drammaturgia di Lidi isola alcuni elementi: i rapporti di potere, il divertissement e il riso, la violenza dei ruoli. A "disposizione" il regista si trova sette giovani bravissimi perché non hanno paura di abbandonare i propri schemi e che si rifiutano di «fare il solito teatrino» per citare una battuta pronunciata in scena.
Le avvertenze che «Molière lo faranno a modo loro» e che non si faranno padroneggiare dalle aspettative altrui, le mettono bene in chiaro ad inizio spettacolo: «Spegnete i telefonini», il primo avviso, canonico per ogni rappresentazione. E poi il secondo: «Vi avvertiamo che questo spettacolo non fa ridere».
Segnali anche sulla scena: una Monna Lisa pop, travestita da infermiera, che occhieggia al pubblico. Anzi no: si sta facendo un selfie col telefonino. Guarda l'obiettivo, dritta davanti a sé. Lo stesso fanno i sette attori della Filodrammatica, che troviamo disposti in modi inconsueti nello spazio scenico: a volte in fila, a compiere gesti meccanici; inespressivi, muti, o con risate stampate in viso. Sfacciatamente false. I gesti violenti sono affidati a schiaffi di parole. Come quando lo spaccalegna Sganarello le legnate le dà sulla schiena della moglie Martina. Oppure si becca una pioggia di pugni da Leandro che lo vuole costringere a far curare Lucinda, figlia di un nobile e affetta da mutismo. Si scoprirà che si finge ammalata solo per evitare le nozze forzate.
La forzatura si legge sui volti degli attori che si scambiano i ruoli, proprio come se fossero intercambiabili. Perché, ognuno a suo modo, ha un padrone.
Forse «sono nostri nervi, è la nostra agitazione che ci rovina», si recita nell'inserto del Malato immaginario che spunta nella commedia "x forza". "Gli uomini muoiono delle loro cure, non delle loro malattie. La natura da se stessa, se noi lasciamo fare, risorge a poco a poco dal disordine in cui è caduta». Senza che noi ci mettiamo a forzarla. Sulla musica di Claire de lune, si inveisce contro i padroni che ordinano con forza di chiudere le bocche, perché tutti possano vivere felici e contenti, come negli happy end che tutti ci aspettiamo.
Ringraziamenti alla fine da Lidi per il direttore della Filo Enrico Marcotti che ha proposto la commedia di Molière al gruppo e se l'è vista forzare sotto gli occhi con esito molto positivo. Merito delle intuizioni registiche e della maturità artistica raggiunta dall'affiatato gruppo degli allievi della scuola di recitazione diretta da Mariangela Granelli e Fabio Marchisio: Leo Calori, Eugenia Delbue, Valentina Ghelfi, Davide Grisoli, Andrea Groppi, Rebecca Sola, Agostino Subacchi. Tanti applausi - e meritati - per questo corpo teatrale.

Donata Meneghelli

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