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Domenica 14 Marzo 2004 - Libertà

Sarà un Rigoletto di provincia

MARCO BELLOCCHIO - Parla il cineasta piacentino che si accinge a debuttare al Municipale nella regia lirica. "Nell'opera c'è il Verdi delle mie memorie"

Non solo le riprese Rai per la trasmissione Prima della prima, ma anche servizi di grandi inviati di quotidiani nazionali: il Rigoletto di Verdi, in scena il 19, 21 e 23 marzo al Municipale per la stagione lirica sta attirando grande visibilità "mediatica" sulla nostra città. Ci sono, del resto, due ottimi motivi: il primo sta nell'identità del regista, il cineasta piacentino Marco Bellocchio al suo debutto "operistico"; il secondo, nel fatto che Bellocchio evoca ampiamente, in questo allestimento, immagini e fantasmi della sua e nostra città. Bellocchio, è vero che questo suo "Rigoletto" è ambientato nella nostra città, con Mantova trasformata in Piacenza e il Po al posto del Mincio? "Sì, due città di provincia con un fiume... Si tratta di una suggestione effettivamente presente, anche se la messa in scena non caratterizza inequivocabilmente come "piacentino" l'ambiente in cui si muovono i personaggi: l'allestimento sarà esportato, non deve essere legato a un preciso luogo di rappresentazione. Piacenza, comunque, è stata nei miei pensieri quando ho concepito questa regia, e per più ragioni. Innanzitutto, la vicenda del Duca di Mantova - o Re di Francia, se guardiamo al dramma di Victor Hugo che Verdi usa come fonte - che seduce e abbandona la figlia del suo buffone ha evocato in me il ricordo di un mondo ben preciso, che per ragioni di età e frequentazioni non ho conosciuto direttamente ma è stato scolpito nella mia memoria dai racconti che ne ho sentito fare da amici più grandi. Parlo di una certa Piacenza fine anni '40, primi anni '50: un milieu di ragazzi ricchi, figli di professionisti o di proprietari terrieri, "vitelloni" nel senso felliniano del termine che si ritrovavano nei bar a giocare e a guardare la gente che passava...". E si divertivano a sedurre, e qualche volta a rovinare, ragazze del popolo. "Non solo del popolo, se è per questo: qualche volta le loro "vittime" erano anche ragazze borghesi. Piacenza, comunque, era allora un luogo in cui le differenze sociali erano molto marcate: differenze fra chi aveva un certo patrimonio e chi no, fra chi apparteneva da generazioni alla città e chi veniva dalla campagna. La forte polarizzazione fra Dc e Pci, che in quegli anni era molto sentita, era l'esito politico di un conflitto sociale profondo: e in questi "Rigoletti" di provincia, le Gilde erano quasi sempre in una posizione di debolezza sociale rispetto ai Duchi". Lei ha accarezzato a lungo l'idea di trarre un film da "Rigoletto": ne ha anche mostrato gli schizzi preparatori in quell'esposizione dedicata alla sua attività di pittore e disegnatore che Parma ha ospitato tempo fa. Cosa è confluito di quel progetto cinematografico in questo allestimento lirico? "Molte delle idee, delle intuizioni che avevano nutrito l'idea del film, sono effettivamente finite qui. Era un'idea cui tenevo molto: non un film "tratto" da Rigoletto, ma un vero Rigoletto cantato, un film-opera come la Carmen di Rosi e il Don Giovanni di Losey. Il progetto abortì perché i produttori mi dissero che il film-opera, commercialmente, era un genere ormai morto. Ma non ci saranno suggestioni visive di tipo cinematografico nell'allestimento che vedrete al Municipale: cercare improbabili surrogati visivi per i primi piani non avrebbe senso, o fai il cinema o fai teatro". Che cosa l'ha affascinata in "Rigoletto"? Solo l'analogia con le leggende di seduttori da caffè che lei ha assorbito in gioventù o anche, come ha dichiarato in passate interviste, la dimensione psicologica del rapporto fra questo padre iperpossessivo e la figlia che "tutto il mondo è per lui"? "C'è tutto questo, ma ci sono anche le memorie privatissime che mi inducono ad associare le opere del Verdi più popolare alla mia infanzia piacentina: mia madre che suonava il pianoforte e cantava, i dischi che compravamo da Avogadro, un negozio sul Corso che oggi non esiste più... Tutto un legame con l'opera che è presente in molti miei film - penso a Lou Castel che canta un'isterica parodia di Sempre libera in I pugni in tasca, a Glauco Mauri che intona Ella giammai m'amò in La Cina è vicina - e che è stato esplicitato in ...Addio del passato, il mediometraggio su Piacenza e la lirica che ho presentato alla Mostra di Venezia nel 2002". Questo "Rigoletto" piacentino dev'essere per lei quasi una rimpatriata col cast di "Addio del passato": c'è il soprano Giovanna Beretta nella parte della Contessa di Ceprano, c'è il tenore Gianni Zucca nel Coro del Municipale, c'è il maestro del Coro Corrado Casati. "C'è anche un altro legame fra le due cose. A propormi una regia lirica a Piacenza fu Stefano Pronti, allora direttore del Municipale, quando mi commissionò ...Addio del passato. E io, col mio film in mente, accettai precisando: "Mi piacerebbe fare il Rigoletto". La Fondazione Toscanini ha poi confermato il mio ingaggio". Lei ha avuto in passato due esperienze di regia teatrale: "Timone d'Atene" e "Macbeth" di Shakespeare. Questa, però è la prima volta che si cimenta col teatro lirico. In cosa consistono, per lei i maggiori elementi di novità? "Non nella duttilità scenica degli interpreti, perché questi cantanti sono tutti attori molto bravi. La novità maggiore sta nel fatto che non sono l'unico firmatario dello spettacolo: c'è un secondo responsabile, forse ancora più importante del regista, che è il direttore d'orchestra. Tra me e il maestro Neuhold, devo dire, c'è un rapporto di grande rispetto reciproco. Una cosa che non mi aspettavo erano i tempi di lavoro strettissimi, quasi industriali. Ma mi hanno detto che ormai l'opera si fa così...". Ho visto che ha chiamato a fare la comparsa l'attore bobbiese Gianni Schicchi, che ha preso parte a quasi tutti i suoi film. Dica la verità, Schicchi è il suo amuleto. "Qui Gianni appare mascherato da vescovo durante una festa di Carnevale. Non lo chiamo come portafortuna, ma perché è un bravo attore. Che mi abbia portato fortuna, da I pugni in tasca a Buongiorno, notte, però, è senz'altro vero". A proposito: ci sono novità sul progetto di "Il regista di matrimoni", il suo annunciato prossimo film dopo "Buongiorno, notte"? "No: di nuovo c'è solo la disponibilità di Castellitto a interpretare la parte del protagonista. Ora dobbiamo vedere se Sky Italia, subentrata a Telepiù, accetterà di portare avanti questa partnership produttiva". Da qualche anno in qua i suoi rapporti con Piacenza, la città natale che lei lasciò dopo una giovinezza - parole sue - "senza felicità", si sono fatti strettissimi: gli omaggi, le celebrazioni non si contano più. Che effetto le fa essere diventato una specie di monumento locale? "Mi diverte, mi fa piacere, purché non sia diventata una cosa troppo "ufficiale"".

Alfredo Tenni

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