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Mercoledì 12 Marzo 2014 - Libertà

Piacenza in attesa di un museo romano

Nella conferenza del Fai con Dall'Aglio e Carini una carrellata su un ipotetico allestimento

di ANNA ANSELMI
Piacenza, fondata dai romani nel 218 avanti Cristo, non ha ancora una sezione del museo archeologico dedicata a quel fondamentale periodo della sua bimillenaria storia. I reperti però ci sono, ancora da restaurare oppure già sottoposti alle cure del caso e collocati nei depositi in attesa di una futura fruizione pubblica. Una carrellata di ciò che un ipotetico allestimento potrebbe offrire ai visitatori è stata intanto esposta nella seconda delle conferenze organizzate in preparazione delle Giornate di primavera dal Comune e dal Fai (Fondo ambiente italiano), rappresentato dal capo delegazione Alberto Valentini.
Nella Cappella Ducale l'aspetto di Placentia è emerso negli interventi di Pierluigi Dall'Aglio, docente di topografia antica all'università di Bologna, che si è soffermato soprattutto sulla configurazione del territorio e i motivi della scelta di collocare qui, lungo il corso del Po, le prime due colonie della Pianura Padana, Piacenza e Cremona, mentre Annamaria Carini, responsabile del museo archeologico di Palazzo Farnese, ha condotto in un viaggio per immagini alla scoperta delle testimonianze più significative venute alla luce in scavi condotti dall'Ottocento in avanti, dando conto così dell'importanza rivestita da Placentia, nei cui pressi il 28 agosto 476 d. C. la decapitazione di Oreste segnò la fine dell'impero romano d'Occidente, sancita il 4 settembre con la deposizione dell'imperatore Romolo Augustolo, figlio di Oreste.
Un altro evento chiave che ebbe per teatro il Piacentino fu la battaglia del Trebbia, combattuta pochi mesi dopo la nascita di Placentia, la cui effettiva fondazione avvenne comunque - ha rimarcato Dall'Aglio - con la seconda "deduzione" (ossia il trasferimento dei coloni) del 190 a. C., quando i galli erano ormai stati definitivamente sconfitti. Sullo scenario dello scontro tra romani e cartaginesi, lo studioso ha richiamato la teoria elaborata con il geologo Giuseppe Marchetti su uno spostamento dell'alveo del fiume Trebbia, da est a ovest della città, il cui nucleo rivelerebbe in ogni caso un saldo legame tra impianto urbano e geografia fisica, «tanto che in età tardo-antica non si determinò a Piacenza nessun restringimento della cerchia muraria repubblicana, come invece accadde a Parma o a Bologna».
Suggestiva la galleria fotografica del patrimonio archeologico preparata da Carini a dimostrazione del benessere goduto da Placentia, con particolare riferimento ai numerosi mosaici affiorati in vari cantieri, specie nell'isolato della scuola Mazzini, affacciata su piazza Cittadella, dove sono in previsione ingenti lavori. Per Carini, un'occasione di scavo come quella di piazza Cittadella potrebbe dunque prospettarsi "imperdibile" dal punto di vista archeologico se portata avanti con le necessarie cautele. Il rischio è altrimenti quello di compromettere irrimediabilmente tutto.
Quanto illustrato da Carini ha intanto confermato che a Piacenza c'è molto da indagare: «Bisogna studiare di più, cercare di più, superare credenze che si continuano a perpetrare e rifondare lo studio della città che sicuramente merita questo impegno» ha auspicato l'archeologa, evidenziando come si ponga anche, una volta sistemata la sezione romana, il problema della sede del museo archeologico. Una tesi di laurea ha proposto l'utilizzo delle aree militari delle ex scuderie di Maria Luigia e del Casino dei virtuosi.

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