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Mercoledì 10 Marzo 2004 - Libertà

Io, Gazale, specialista in Rigoletto

Municipale - Parla il baritono protagonista dell'opera verdiana firmata da Bellocchio e in scena dal 19. "Muti mi ha lanciato, ora corro verso l'Otello"

Al Municipale proseguono le prove del Rigoletto di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave nella nuova produzione piacentina firmata da Marco Bellocchio e che si avvale della direzione del maestro Gunter Neuhold alla testa dell'Orchestra della Fondazione Toscanini e del contributo del Coro del Municipale guidato da Corrado Casati. Come noto l'opera andrà in scena venerdì 19 marzo alle ore 20.30 (per il turno A di abbonamento), domenica 21 alle 15,30 in matinée (fuori abbonamento e martedì 23 marzo ore 20.30 (per il turno B).
Il baritono Alberto Gazale veste i panni del protagonista Rigoletto. Originario di Sassari, Gazale si è diplomato al Conservatorio di Verona. Il corso di perfezionamento con il maestro Carlo Bergonzi gli ha consentito il debutto in Traviata a Parma. Successivamente è stato alla Fenice di Venezia in Lucia di Lammermoor ed all'Arena nel Ballo in maschera. Il Municipale lo ha ospitato nel '99 nella Battaglia di Legnano firmata da Flavio Ambrosini e lo ha confermato nella stagione successiva per Stiffelio. Decisivo per la carriera del giovane baritono il debutto al Teatro alla Scala in Rigoletto, diretto dal maestro Muti.
"Certamente essere confermato dal maestro Muti, onore a parte, è un titolo che dischiude tante possibilità di lavoro ad alto livello - conferma Alberto Gazale -. Ancora alla Scala ho debuttato in Trovatore, poi in Macbeth, e presto farò Otello.
Non è correre troppo in fretta sostenere ruoli così impegnativi?
"In effetti ho sempre anticipato un poco i tempi ma mi pare di essere in linea rispettosa con i grandi protagonisti. Protti ha fatto Otello a 33 anni. In verità, sottolinea Gazale, io mi sento sempre in formazione. Metto grande impegno per approfondire, capire il personaggio, per aderire vocalmente alla sua caratterizzazione e renderlo al meglio".
Il desiderio di ogni giovane baritono è ripercorrere il grande repertorio?
"Senza fretta. Mi offrono occasioni importanti, belle parti ed io studio per adattarmi al personaggio, preparare la voce a superare tutte le difficoltà che la parte presenta, un allenamento scrupoloso".
Cosa ne pensa del ruolo dei registi e della tendenza a modificare l'impianto originale dell'opera?
"Sono convinto che lo spettacolo sia il risultato di un lavoro collettivo. A noi cantanti spetta di dare un contributo decisivo per la buona riuscita, ma tutti devono fare la propria parte. Mi fa piacere lavorare con persone che hanno da insegnarmi, con le quali posso anche confrontarmi. Non mi sento strumento in mano al regista o al direttore. Prendo da loro, ma devo metabolizzare il tutto, altrimenti non funziona. Se non sono convinto di una cosa, posso anche eseguirla, ma non posso trasmettere quella convinzione che deve arrivare allo spettatore. Lo spettacolo risulterà freddo, meccanico".
Quante volte Rigoletto?
"Parecchie. Alla Scala, a Salisburgo con la regìa di Cobelli. Entrambi erano allestimenti secondo la tradizione. Poi altre edizioni anche stravaganti o aggiornate. Non sono contrario a priori a reinterpretazioni della vicenda, purché il tutto abbia una giustificazione, in'interna coerenza".
Inutile chiederle come farebbe lei?
"Non sono regista. Cambiare le ambientazioni o i tempi narrativi non fa più sorpresa, piuttosto lavorare con gli strumenti che la tecnologia offre. Tosca è legata a Roma, a Castel Sant'Angelo. Si può lavorare più che sulle didascalie del libretto sui materiali, con le luci, e disporre soluzioni che illustrino meglio la vicenda interiore, far capire meglio".
Questo Rigoletto come sarà?
"Non ho dormito la prima notte, dopo che il regista Bellocchio ci ha raccontato la sua visione d'insieme ambientando questo Rigoletto negli anni Cinquanta. Ora stiamo lavorando. Ho molto rispetto del regista di cui conosco i film. Ne apprezzo l'intelligenza, la profondità. Per quanto mi compete, mi impegno a capire, perché ne risulti una bella cosa".

Gian Carlo Andreoli

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