Martedì 10 Dicembre 2013 - Libertà
Poggio: l'economia e il modello americano
"Altronovecento": stasera in Fondazione incontro promosso da Cittàcomune
piacenza - «E' solo con l'affermarsi mondiale del modello americano che l'economia è diventata il centro organizzatore e propulsore della vita sociale, della politica, della cultura». Un'osservazione che porta a riflettere sulla specificità di una propagazione di costumi e modi di pensare così pervasiva da rendere oggi quella constatazione quasi scontata, mentre invece tale non sarebbe stata oltre un secolo fa, quando per le potenze dell'epoca il fattore economico assumeva un ruolo strumentale rispetto alla potenza militare o alla gloria dei governanti, veri motori delle imprese di conquista e allargamento del proprio campo di influenza.
Anche per questo risulta molto interessante l'impresa editoriale condotta congiuntamente dalla Fondazione Luigi Micheletti e da Jaca book per indagare L'altronovecento, tra comunismo eretico e pensiero critico, giunta al terzo volume, di oltre settecento pagine, dedicato a Il capitalismo americano e i suoi critici, particolarmente illuminante per capire tante dinamiche in cui siamo immersi. Il libro verrà presentato questa sera alle 21 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant'Eufemia 12, dal curatore Pier Paolo Poggio e da uno degli autori dei saggi, Massimo Cappitti, che in questo terzo tomo si è occupato del capitolo su Erich Fromm.
Ma l'incontro, organizzato dall'associazione politico-culturale Cittàcomune, presieduta da Piergiorgio Bellocchio, fornirà anche l'occasione per riflettere a 360 gradi, sollecitati pure dal dibattito con il pubblico, su cosa hanno rappresentato e rappresentano gli Stati Uniti nello scacchiere internazionale. Una superpotenza salita alla ribalta potendo contare su una forza principale, ossia «la democratizzazione dell'economia, in cui - spiega Poggio - tutti si sentono partecipi». Un assunto non solo ideologico, in quanto basato sui fatti, che però - aggiunge Poggio - contiene in sé grandissime contraddizioni, «sociali e soprattutto date dalle diverse etnie, le differenze tra le quali tuttora pesano, nonostante la storica elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti».
Il volume abbraccia cento anni, per buona parte dei quali la Russia sovietica ha costituito il nemico per eccellenza, prima che il crollo dell'Urss nel 1989 sgretolasse quel sinistro contraltare: «Ben presto è stato sostituito dall'enfatizzazione del nemico islamico, come se gli Usa fossero alla ricerca di un'altra potenza cui contrapporsi. L'islamismo è in effetti molto pericoloso, però nessuna grande potenza l'ha sposato. La contiguità maggiore è quella con l'Arabia Saudita, che peraltro è alleata degli Stati Uniti, i quali non hanno quindi davanti un fronte compatto».
Per imporsi l'egemonia americana ha utilizzato in passato anche la cultura: «Rispetto alla dimensione europea di una cultura alta, gli Usa hanno creato una cultura di massa che ha acquisito una sua credibilità. Basti pensare al cinema o alla musica, che si sono dimostrati un'arma altrettanto efficace della forza militare ed economica». La nuova frontiera è costituita adesso dall'innovazione scientifico-tecnologica: «Il cuore dell'epocale transizione verso il digitale resta americano».
Anna Anselmi