Fondazione di Piacenza e Vigevano Stampa
  Rassegna Stampa
spazio
  Comunicati Stampa
spazio
  Eventi Auditorium Piacenza
spazio
  Eventi Auditorium Vigevano
spazio
  Comunicazione
spazio

 
Home Page     Rassegna Stampa   


Mercoledì 11 Dicembre 2013 - Libertà

La "Colonna infame": il giudizio dei posteri

piacenza - "Conoscere il male vuol dire sapere che c'è il male". E' in questo assunto di Hannah Arendt che sta racchiusa una delle possibili chiavi di lettura della Storia della colonna infame di Manzoni. A dimostrarlo, all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, è stato Gian Marco Gasperi dell'università dell'Insubria di Varese nel corso dell'ultimo incontro della rassegna intitolata "Fame e sete di giustizia: La storia della colonna infame di Alessandro Manzoni" organizzata dall'Università Cattolica di Piacenza in collaborazione con la Fondazione di Piacenza e Vigevano sotto la direzione scientifica del docente Pierantonio Frare. Anche quest'anno infatti ai piacentini è stato proposto un percorso analitico su un classico che tuttavia non è particolarmente "frequentato" a scuola, ossia la Colonna infame.
Attraverso una serie di incontri con docenti della Cattolica e non solo, Frare ha inteso offrire dei momenti di approfondimento sull'opera e sulla storia che vi è raccontata, ossia l'ingiusta condanna di due uomini accusati di essere untori nella Milano funestata dalla peste del Seicento. Nel caso specifico dell'appuntamento con Gasperi, al quale come tradizione è seguita la lettura del sesto capitolo a cura di Antonio Zanoletti, il docente ha inteso affrontare la questione del giudizio dei posteri sull'opera manzoniana: del resto, lo ha chiarito lo stesso Gasperi, «proprio Manzoni affida il romanzo alla posterità e carica il lettore di responsabilità».
Ecco allora la volontà di vedere in che modo la posterità possa venire e sia stata coinvolta nella lettura ma anche nell'interpretazione della Storia della colonna infame: «Un esempio è Primo Levi, che è stato uno dei maggiori lettori di Manzoni e dell'opera - ha spiegato il docente - e che di fatto ci dimostra quanto possa contare la lettura di Manzoni anche dove meno ce lo aspetteremmo: basti pensare alle opere più note di Levi, Se questo è un uomo e La tregua, dove di riferimenti alla Colonna infame ne troviamo parecchi. Ma ancora non mancano tracce manzoniane anche nella seconda parte della Cognizione del dolore di Gadda o, tornando indietro nel tempo, in Muratori e nel Trattato sulla forza della fantasia umana».
Ma le sorprese non finiscono perché se si torna addirittura al Settecento e dunque a un'epoca precedente la stesura della Colonna infame si scopre che Pietro Verri aveva per primo letto e studiato le carte su cui poi Manzoni compone l'opera, ma non le aveva pubblicate perché il padre, in quanto presidente del senato di Milano, aveva avvallato la tortura e del resto lo stesso Verri non aveva esitato a definire la tortura "ingiusta ma non inutile".
«Manzoni fa qualcosa di diverso - ha concluso Gasperi -, punta sulle responsabilità personali dei giudici: è la responsabilità individuale la grande protagonista di un'opera che ai posteri fa conoscere il male e li rende consci della sua esistenza».

Betty Paraboschi

Torna all'elenco | Versione stampabile

spazio
spazio spazio spazio
spazio spazio spazio