Venerdì 6 Dicembre 2013 - Libertà
Tenco secondo Pettenati
Il toccante omaggio a un principe della canzone
piacenza - E' un bello spettacolo Ragazzo mio, un giorno ti diranno…, il ricordo che Gianni Pettenati, l'altra sera all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, ha tracciato per Luigi Tenco. Peccato perché si era in pochi, forse i reduci di una stagione della canzone oggi dimenticata, ma l'arte non ha tempo e le canzoni di Tenco hanno ormai acquisito piccole tracce d'immortalità e allora è giusto riproporle, interpretarle come ha fatto Pettenati. A tratti triste e a volte ironico, comunque sul pezzo, grazie anche a una piccola band composta da Cesare Bonfiglio (chitarra e arrangiamenti), Massimo Caroldi al flauto, Elena Zoia la cui voce è davvero stupenda e Maurizio Dosi (voce, fisarmonica).
Un omaggio sincero e sentito, quello dell'ex ragazzo di Bandiera gialla, un tributo affettuoso a Luigi Tenco, poeta della canzone dalla vita breve, morto suicida il 27 gennaio 1967 nei giorni del Festival di San Remo. Lasciò un biglietto di accuse al mondo della canzone perché portava in finale Io tu e le rose di Orietta Berti e La rivoluzione (di Gianni Pettenati e del francese Antoine). Ma tra un brano e l'altro Gianni ha voluto sottolineare il buon rapporto umano che ha sempre avuto con Tenco: l'amicizia, l'ammirazione e il rispetto, che lo hanno portato a costruire questo piccolo concerto e ad eseguire i brani più profondi e intensi, da Ragazzo mio a Mi sono innamorato di te, da Cara maestra a Io sì e poi alcune incursioni nella canzone dell'immortalità dell'anima che tanto piacevano a Tenco: Ritornerai, Le foglie morte e Azzurro.
Come abbiamo accennato poc'anzi, eravamo in pochi, il consigliere Stefano Pareti ha fatto gli onori di casa, ma quando ti accorgi di essere inevitabilmente di nicchia e che il più giovane degli spettatori è sui cinquanta provi un senso di disagio e di frustrazione: gli anni aiutano ad apprezzare una band ricca di suggestioni poetiche e che avrebbe meritato più pubblico, ma segnano, ti pongono piuttosto dinanzi all'ineluttabilità del tempo: quelle canzoni appartengono al passato anche se per un grande come Tenco la memoria è d'obbligo.
L'originalità dello spettacolo sta nel fatto che Gianni Pettenati non ha voluto mettere in musica la biografia del cantautore genovese (sarebbe stato più semplice), le canzoni che ha interpretato arrivano fino a Lontano lontano scritta nel 1966, per tralasciare tutti i pettegolezzi e le presunte cause sulla tragica morte di questo cantautore. Il cantante piacentino (ormai milanese d'adozione) nutre una stima particolare verso Tenco e racconta di un uomo che è stato un poeta della canzone e il più nobile rappresentante della Scuola genovese delle origini; Tenco come Pavese verrebbe da dire pur facendo le debite proporzioni. Lo spettacolo anticipa con brevi monologhi le canzoni-capolavoro di Tenco, sottolineandone soprattutto gli assunti poetici. Insomma, un viaggio, un itinerario filologico, umano e musicale, ma soprattutto un percorso amoroso. Canzoni come Se stasera sono qui e Ho capito che ti amo, sono la sublimazione dell'amore all'arte. La musica si fa poesia e anche Bandiera gialla, il brano che ha reso famoso ovunque Gianni Pettentati, arrangiato come fosse una bossa nova jazz, chiude uno spettacolo nobile, tra citazioni dotte e intense, canzoni senza tempo e un amore ormai troppo lontano.
Mauro Molinaroli