Venerdì 6 Dicembre 2013 - Libertà
Il salone d'onore, scrigno di raffinate opere artistiche
Palazzo Rota Pisaroni
Cuore di Palazzo Rota Pisaroni, la cui costruzione venne terminata nel 1755, è il salone d'onore a doppio volume, scrigno di opere d'arte, diverse per qualità, disposte su più registri. Nel volume dedicato all'edificio, dato alle stampe dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano nel 2008, Ferdinando Arisi si sofferma sulle attribuzioni dei numerosi dipinti. Alla decorazione ad affresco del soffitto contribuirono dunque Luigi Mussi e, per le quadrature, Antonio Alessandri, con storie mitologiche.
Nell'ovale è raffigurata la "Caduta di Fetonte", simbolo di una superbia tanto effimera quanto gravida di conseguenze negative irreversibili, cui assistono le divinità dell'Olimpo: Giunone, Giove, Marte, Venere, Minerva, Diana e Mercurio; nei medaglioni a monocromo, lungo la cornice, sono rappresentate le "Quattro stagioni".
Un analogo soggetto è affrontato nei quadri sopraporta di Ludovico Trasi, compagno di studi del più noto Carlo Maratta. Di queste opere si ignora la provenienza, ipotizzata da Arisi comunque in una città lontana. Per il suo fastoso salone, il conte Carlo Giuseppe Rota (il cui figlio, Giacomo, venne ritratto nel 1798 da Gaspare Landi, nel quadro oggi ai Musei Civici di Palazzo Farnese) ebbe infatti l'idea di "acquistare sul mercato dipinti a olio da adattare agli spazi secondo il gusto nuovo, moderno, quello del barocchetto, realizzando qualcosa di omogeneo e del tutto originale", affidandosi per questa operazione al pittore-restauratore Giuseppe Manzoni, la cui vedova intraprese poi una causa legale con il committente per la liquidazione del compenso del marito.
Sulla scorta degli inventari pubblicati da Giorgio Fiori nel 1971, Arisi ricostruiva le possibili origini dei singoli pezzi, spiegando come il nucleo più consistente appartenesse probabilmente alla raccolta Roncovieri, che comprendeva quadri con scene bibliche e personaggi dell'antichità di Giovanni Rubini e del figlio Antonio: "La giustizia di Salomone", "Ciro concede agli ebrei di ritornare nella loro terra", "La regina degli Sciti, Tamira, fa immergere la testa di Ciro in un bacile di sangue", "Ester chiede ad Assuero la vita per sé e per il suo popolo", "Erodiade con la testa del Battista", "Sofonisba", "Giuditta con la testa di Oloferne", "Lucrezia" e "Cleopatra". Arisi ascriveva a Margherita Caffi le nature morte con fiori, ben esplicative "del periodo piacentino della pittrice, anche per la novità degli animali e d'un pergolato sopra le esuberanze floreali d'un giardino, con qualche concessione alle fruttiere messe di moda a Piacenza da Bartolomeo Arbotori, che morì (1676) proprio al centro del decennio nel quale la Caffi operò a Piacenza, e proprio per i clienti dell'Arbotori, come risulta dalla collezione di provenienza, quella dei conti Scotti di Agazzano".
A. An.