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Domenica 8 Dicembre 2013 - Libertà

«Fondazioni e non bancomat, sì ai nuovi progetti di comunità»

Guzzetti (Cariplo) sulla missione degli enti di derivazione bancaria

Il welfare dimagrisce? I denari mancano? Tutto cambia e le Fondazioni bancarie ridefiniscono la propria missione sociale in tempi di crisi, prendendo le distanze dall'idea diffusa che le vede come semplici "bancomat" e puntando su formule nuove, come i progetti di comunità.
Ne parlerà domani a Piacenza, su invito della Fondazione di Piacenza e Vigevano (Palazzo Rota Pisaroni, via Sant'Eufemia 13, dalle 17.30), Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Associazione delle Fondazioni e Casse di risparmio italiane (Acri), nonché presidente della Fondazione più ricca, la Cariplo, che opera nelle province lombarde: 7,2 miliardi di euro di capitale (in crescita) e 147 milioni annui per le attività filantropiche. Il paragone di Cariplo con Piacenza dà la misura: noi abbiamo un patrimonio di 385 milioni, eroghiamo 5,5 milioni di euro. Guzzetti ci ha anticipato alcuni temi.
Nuovo welfare e crisi economica, le Fondazioni posso surrogare gli enti locali?
«No, le Fondazioni e il volontariato insieme non possono surrogare le risorse pubbliche sul soddisfacimento di bisogni sociali, di servizi alla persona. Parliamo di anziani, di persone a rischio di esclusione sociale, di immigrati e di infanzia negata, di disagio giovanile e di devianza. Come sistema delle Fondazioni, come Acri e con alcune Fondazioni cerchiamo di dare risposte innovative, altrettanto se non più valide rispetto a quelle date in questi anni dagli enti pubblici. Le Fondazioni non si devono acquietare ad essere sportelli che danno via soldi, è sbagliato. Al welfare dello Stato si deve sostituire quello "di comunità", con le dimensioni di una provincia o di un territorio, voi avete 48 comuni, fra questi magari c'è chi si mette insieme per dare risposte sugli anziani. I soldi devono essere pubblici, da soli noi non ce la facciamo, nel bilancio dello Stato ci sono 60 miliardi di euro per famiglie povere, disabilità etc. Poi interviene la Fondazione, i terzo settore, il welfare corporate o aziendale. Abbiamo lanciato e stiamo sperimentando il progetto di fondazioni comunitarie, quindici per ora solo in Lombardia».
Sono interventi di tipo misto.
«Non si va avanti ognuno per conto suo. Il volontariato fa cose commoventi, ma molte associazioni chiudono. Allora facciamo insieme progetti organici condivisi dalla gente. Sugli anziani, invece di confinarli in case di riposo, avanti con la prevenzione sul territorio e strutture giornaliere. E si controlla dove vanno i soldi».
Tornando a Cariplo, quali sono i vostri settori di intervento?
«Abbiamo i Giovani, ovvero formazione, capitale umano e occupazione, poi c'è il Welfare di comunità con la partecipazione attiva dei cittadini e il Benessere della persona, fisico, sociale e ambientale, con riguardo a persone anziane e fragili. Un esempio di come operiamo: finanziamo otto distretti culturali in Lombardia, con 20 milioni, i privati ne hanno mobilitati 45 e si recupera insieme il patrimonio storico, artistico e culturale, con prospettive d'occupazione».
Le Fondazioni escono malconce dalla crisi, con forti perdite, come si difende il patrimonio?
«I nostri patrimoni sono stati investiti da investitori internazionali. In anni ante-crisi avevamo rendimenti a due cifre, oggi si può ringraziare se hanno un più e non un meno davanti alla loro gestione. Ma chi ha osservato i criteri della legge Ciampi si ritrova forse con riduzione di rendimenti, ma con patrimoni quasi integri. La prima regola è diversificare e non investire in una solo direzione, la seconda è non fare investimenti speculativi, evitando prodotti derivati e tossici. Terza regola: programmi di medio o lungo periodo, per bilanciare tra rendimenti buoni e perdite nei momenti di crisi. Chi ha osservato queste regole non ha subìto contraccolpi troppo pesanti».
Nella classifica delle Fondazioni, Cariplo ha una percentuale di spese di gestione tra le più basse in Italia, 0,3 per cento sul patrimonio. Piacenza è allo 0,10 per cento, comunque tra i virtuosi.
«Bisogna tener conto che in una piccola o media Fondazione come la vostra l'incidenza delle spese è molto maggiore rispetto a una Fondazione grande. Noi abbiamo un organo di indirizzo di 40 membri. Venti sono di provenienza pubblica, ma per rispettare la legge Ciampi e non dare la maggioranza ad amministratori di provenienza pubblica ho dovuto inserire venti consiglieri della società civile. Prima che arrivasse questa legge la componente era tutta pubblica, ci fu una battaglia per salvare l'autonomia e la natura privata della Fondazione che appartiene a chi vive nel territorio, non è dello Stato né degli enti locali».

Patrizia Soffientini patrizia.soffientini@liberta.it

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