Lunedì 9 Dicembre 2013 - Libertà
Piacenza del futuro fra utopie e distopie
Tavola rotonda per Città in controluce
piacenza - C'è chi si è focalizzato sulla Valtrebbia e chi invece su viale Dante. Chi ha confrontato la "defunta" Agenzia Quartiere Roma e quella di San Salvario a Torino e chi invece si è soffermato sulla città come paesaggio. È stata una pluralità di approcci quella andata in scena all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, dove si è svolta la tavola rotonda su Il futuro della città. Piacenza tra utopie e distopie: il convegno, organizzato dalla rivista "Città in controluce" con il patrocinio dell'Ordine degli architetti di Piacenza e della casa editrice "Vicolo del pavone", ha visto confrontarsi Giampaolo Nuvolati sul tema Città tra utopie e distopie, Stefano Pareti su Piacenza: vecchi sogni mai realizzati, Letizia Chiappini e Lidia Frazzei su Via Roma e Quartiere San Salvario: utopie a confronto, Giuseppe Baracchi su Trasformazioni future della città: via Dante tra distopia e utopia, Felicita Forte su La città come paesaggio, Marco Mareggi su Val Trebbia: una valle da sogno e Franco Toscani su Filosofia dell'abitare la città.
«La riflessione nasce dalla constatazione che non ci siano più orizzonti a cui guardare per il futuro» ha spiegato Nuvolati, «le utopie sembrano essere passate di moda: se invece esiste una riflessione sul futuro, essa prende forma in una proiezione negativa». Ecco allora un incontro, che trae la sua base dall'ultimo numero di Città in controluce, dedicato appunto all'immagine della città fra utopia e distopia, nel quale l'immaginazione e la progettualità si sono uniti alla concretezza delle visioni di architetti, sociologi e studiosi: un esempio lo ha offerto Mareggi, che, partendo dai progetti sulla Valtrebbia inerenti la costruzione di dighe o la creazione di un parco dell'alta valle, ha evidenziato come «ciò che è un sogno per qualcuno può essere un incubo per un altro»: «Credo che la soluzione si troverebbe nel pensare a un distretto dell'acqua che unisse le esigenze industriali a quelle turistiche» ha spiegato. Da parte loro invece Chiappini e Frazzei sono partite da due tesi geografiche e sociologiche e hanno confrontato «l'approccio di due agenzie di sviluppo a un quartiere utopico che ha però dato risultati distinti»; Baracchi si è soffermato sulla visione di viale Dante «tracciandone delle possibili future trasformazioni», mentre Toscani ha evidenziato come «la vera crisi della città sia da mettere in relazione all'incapacità di abitare dell'uomo odierno». «Noi dobbiamo essere consapevoli che il paesaggio sia plasmato da noi» ha aggiunto Forte, «dobbiamo assumerci la responsabilità delle nostre scelte». Ma non solo: «La questione è che l'urbanistica è indissociabile dalla politica perché è indissociabile dalla società» ha concluso Pareti, «essa può essere di destra o di sinistra, può accentuare le differenze di classe o anteporre l'interesse della maggioranza a quello dei pochi. Ma è anche il prodotto della collaborazione di molte discipline: senza il sociologo e il geologo, lo storico e l'economista, il giurista e l'architetto, l'urbanista è cieco e monco».
Betty Paraboschi