Mercoledì 13 Novembre 2013 - Libertà
Quel complesso rapporto che regola i nomi delle cose
Esempi dal linguaggio matematico
di VITTORIO MELANDRI
«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire» (Androide Roy Batty - Blade Runner, di Ridley Svott, 1982).
Si è concluso, ospitato come sempre dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano nell'Auditorium di via Sant' Eufemia, l'ennesimo ciclo autunnale dei "Mercoledì della scienza", organizzati dalla professoressa Teresa Rulfi Sichel per l'associazione Amici del Liceo scientifico "L. Respighi". È stato davvero un piacere restare appesi questa volta alla sobria chiarezza di Andrea Malchiodi, giovane e brillante matematico piacentino, ordinario di analisi matematica all'Università di Warwick in Inghilterra, che si è speso per i presenti in una prolusione dedicata al rapporto di mutuo soccorso fra fisica e matematica, proposta dal nostro concittadino, anche nelle vesti (magari non volute), di validissimo esponente dei tanti cervelli "in fuga" dalla sempre più triste mediocrità italica. Ascoltandolo, ho avuto modo di approfondire almeno un poco di più di quanto il mio intelletto mi consenta, un concetto che avevo a suo tempo incrociato leggendo un bel saggio intitolato "Le cose e i loro nomi", 1986 - Editori Laterza, scritto da Giuliano Toraldo di Francia. Nell'introduzione l'autore comincia citando Galileo Galilei: «I nomi e gli attributi si devono accomodare all'essenza delle cose, e non l'essenza ai nomi; perché prima furono le cose e poi i nomi». Ed anche Malchiodi è partito da Galileo, il grande scienziato che dà appunto il via al metodo scientifico, proprio sperimentando, ovvero dando conferma dei nomi (cioè dando conferma sperimentale, ovvero delle spiegazioni) di cose che si vedevano. Lo stesso metodo scientifico, come sempre Malchiodi ha illustrato, ha poi imposto l'uso a piene mani del linguaggio matematico, per dare conto dei propri esiti. Il successivo sviluppo della collaborazione fra sperimentazione scientifica nella fisica (ma anche in tutti i campi dello scibile umano), e matematica, ha portato alla capacità di vedere cose che l'occhio umano da solo non aveva mai potuto vedere, e valga a iniziale esempio per tutte, la disponibilità del cannocchiale che precede Galileo, ma che Galileo per primo usò in modo "scientifico", consentendo all'occhio umano di vedere cose viste prima in modo affatto diverso.
I passi successivi, hanno portato ad invertire il rapporto fra le cose e i loro nomi (nomi intesi, ripeto, come la spiegazione delle cose stesse). A un certo punto è successo che prima si sono ipotizzati, perché si sono intuiti, i "nomi" di cose, che non solo non si vedevano, ma che nemmeno si sapeva che esistessero, e della cui esistenza appunto era lecito dubitare.... e solo poi, si è potuto asserire che le cose esistevano davvero, ovvero... "si sono viste le cose di cui si era saputo prima il nome".
Ultimo clamoroso esempio di questo ribaltamento di prospettiva, il noto "bosone di Higgs", visto al Cern di Ginevra, nel 2012, dopo che Higgs lo aveva "nominato" nel 1964. Fra le tante possibili, traggo da quanto sopra la seguente amara conclusione. Intanto che nel mondo scientifico, che resta comunque umano, accade questo, nel mondo politico, "sempre meno umano", accade al contrario che le cose, sia quelle viste, sia quelle invisibili, sia quelle proprio ignote, vengano sistematicamente separate dai loro nomi. Cosicché una minoranza di individui, alcune centinaia di migliaia su miliardi di esseri umani, possa continuare a sopraffare la maggioranza. Dichiarando fra l'altro morto l' "ancien regime", che è cosa più viva che mai, e viva la democrazia, che è cosa di cui si deve ancora accertare l'esistenza.