Domenica 7 Marzo 2004 - Libertà
Prova convincente, sezione ritmica fine ed intelligente, molti applausi
PIACENZA JAZZ FEST. L'altra sera l'appuntamento nel segno della "Festa della donna", stasera altro concerto al cinema President
SALA DELLE MUSE. Fedele, viaggiando sulle ali di Nina. Il trio della pianista in un riuscito tributo alla Simone
Si avvicina la Festa della Donna: una ricorrenza civile cui il Piacenza Jazz Fest (il neonato ma già benemerito festival organizzato dal Piacenza Jazz Club con l'assessorato alla cultura del Comune, la Provincia, il Conservatorio Nicolini, la Fondazione di Piacenza e Vigevano e Fondazione Libertà) ha voluto rendere tributo con un interessante excursus sul "genio femminile" della musica di origine africana. Un caso esemplare di questo apporto è stata la compianta Nina Simone, cui la bravissima cantante-pianista Laura Fedele - che con lei ha più di un'affinità elettiva - ha reso omaggio l'altra sera alla Sala delle Muse guidando il suo trio in un appassionato concerto-tributo a una grande donna. Nata nel 1933 col nome di Eunice Kathleen Wayman (il suo "cognome d'arte", più tardi, fu un omaggio all'attrice Simone Signoret) in un'umile famiglia di colore e in uno Stato segregazionista come il North Carolina, iniziata allo studio del pianoforte grazie a un'illuminata signora bianca, promettentissima concertista classica costretta dalle ristrettezze economiche a suonare in un night, amica e musa di scrittori come Langston Hughes e James Baldwin, morta sola e amareggiata nel suo "esilio" francese, Nina Simone è stata autrice e interprete di decine di canzoni che sono altrettanti gioielli. Non è soul, non è pop, non è jazz: è tutto questo insieme, e altro ancora. Con la sua eroina Simone, alla quale sta per dedicare un disco di covers dal vivo, Laura Fedele (una musicista vulcanica che spazia tra jazz tradizionale, vocalese, blues, Tom Waits e canzone napoletana) ha in comune l'insofferenza per i recinti e una personalità decisa. Accompagnata da una sezione ritmica fine e intelligente (Stefano Castiglioni al contrabbasso e Marco Castiglioni alla batteria), Laura ha evocato lo spettro di Nina con la dinoccolata Love me or leave me, la dolcissima e gerhwiniana I loves you, Porgy, la frenesia faulkneriana di Sinnerman, quella Lilac wine che Jeff Buckley rifece tale quale sul suo primo disco, il torrido funk di Mr. Backlash, la drammatica Wild is the wind, la memorabile Four women, la grintosissima invettiva antirazzista di Mississippi Goddam. Mancano quella You'd be so nice to come home to che cambiò la vita al drammaturgo Sam Shepard, quell'inno di ogni perdente in amore che è Don't let me be misunderstood, Brown is the colour, il blues di Nobody's fault, le riletture di Bob Dylan, la sublime Another spring. Ma come si fa? Per un tributo esauriente ci vorrebbero tre ore. Intanto ci siamo goduti questo concerto, riscaldato pure dalla baldanza dionisiaca del bis My husband.
Alfredo Tenni