Venerdì 8 Novembre 2013 - Libertà
Andreoli: «Quando la fragilità ci rende più forti»
Platea gremita in Cattolica per il debutto della 13ª edizione di Cives. Lo psichiatra ha fatto l'elogio della fragilità
«Accoglie, incoraggia, aiuta e non dobbiamo confonderla con la debolezza che è l'altra faccia dell'arroganza»
"I piccoli passi e le grandi svolte della nostra vita ci insegnano di giorno in giorno che non sono le dimostrazioni di forza e di potere a farci crescere, ma le nostre fragilità, tracce sincere di umanità profonda, che ci aiutano ad affrontare le difficoltà, a rispondere alle esigenze degli altri con partecipazione e con il senso della condivisione più vera".
E' questo il senso della lectio magistralis del professor Vittorino Andreoli, psichiatra e saggista tra i più affermati, che l'altra sera alla Sala Piana dell'Università Cattolica, ha aperto davanti a una platea gremita, la tredicesima edizione di Cives che ha come titolo "L'albero dei sogni, idee e progetti per costruire la speranza positiva", iniziativa ben collaudata e realizzata dall'Università Cattolica con la Diocesi di Piacenza e Bobbio e con il contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano.
Tema dell'incontro "La fragilità umana come fondamento dell'umanesimo e della speranza"; ce n'è perché Vittorino Andreoli coniughi i mille volti della fragilità, rappresentandola come uno scudo che ci difende dalle nostre debolezze e dall'arroganza, perché ci aiuta a confrontarci con gli altri: "Quello che di solito consideriamo un difetto - dice - è invece la virtuosa attitudine che ci consente di stabilire un rapporto di empatia con chi ci è vicino". La sintesi di questa tesi Andreoli l'ha elaborata nel volume "L'uomo di vetro" (Rizzoli, 2008) nel quale il più famoso degli psichiatri italiani dimostra una tesi solo in apparenza paradossale: "Chi è fragile - sostiene - è l'uomo per eccellenza, perché ha la forza di considerare gli altri non potenziali vittime come avviene in coloro che considerano la forza e il potere elementi essenziali per manifestare il proprio ego; la fragilità accoglie, incoraggia, aiuta e non dobbiamo confonderla con la debolezza che è l'altra faccia dell'arroganza". E se nella fragilità vi è qualcosa di trascendente, nell'umanesimo che ne deriva, secondo Andreoli, c'è tutta la forza dell'uomo nuovo, di chi si confronta e accoglie gli altri: "La fragilità è come un vetro pregiato di Murano: è bello, elegante, ma basta un niente perché si frantumi e si trasformi. Conoscendone la natura, si deve stare attenti a come lo si usa, a come lo si conserva; occorre tenerlo lontano da luoghi in cui si compiono azioni d'impeto, di violenza".
Aggiunge: "La fragilità dall'individuo, alla coppia, alla famiglia si allarga sempre di più fino a creare il bisogno di una comunità. Oggi conta il potere e il saggio che è critico con il potere è escluso perchè non entra nelle misure e nei parametri di questa società. Socrate non si preoccupava nemmeno di morire, ma prende l'occasione delle accuse che gli fanno per parlare della democrazia e della libertà. Gandhi non ha mai avuto alcun potere e Tommaso Moro coerente fino alla fine".
Ma soprattutto Andreoli pensa al fascino di Cristo che ha una storia di fragilità, ed è senzaltro una delle persone più attraenti e affascinanti della storia.
Mauro Molinaroli