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Domenica 3 Novembre 2013 - Libertà

Nucci, da Attila a Falstaff con ardore

Tanti applausi al recital del baritono con l'Italian Chamber Orchestra

di MAURO BARDELLI
Si annunciava come un appuntamento imperdibile, il recital lirico La parola scenica, concerto di apertura della Stagione concertistica 2013-2014 allestita dalla Fondazione Teatri di Piacenza, andato in scena l'altra sera al Teatro Municipale. Imperdibile per il contenuto, un recital di arie tratte da celeberrime opere liriche. Imperdibile per l'occasione, la celebrazione dei duecento anni dalla nascita di Giuseppe Verdi, al quale l'appuntamento era interamente dedicato. E infine e soprattutto, imperdibile per il blasone degli interpreti, il celebre baritono Leo Nucci e l'Italian Chamber Opera Quintet che lo accompagnava.
E così è stato, anche a giudicare dal pubblico che ha affollato il teatro cittadino e che ha stretto in un ideale, affettuoso abbraccio il baritono bolognese, subissato di applausi e acclamazioni dalla prima all'ultima aria eseguita.
Iniziato con una toccante esecuzione di Tre preghiere verdiane (La preghiera del poeta, Sgombra o gentil dall'ansia e Invocazione a Maria) unite assieme e cantate quasi sottovoce e in raccoglimento da Leo Nucci, la serata è entrata nel vivo allorché il cantante ha proposto il secondo brano in programma, il celebre Dio di Giuda dal "Nabucco". E' qui che il pubblico ha acclamato l'inconfondibile, stupendo timbro del baritono bolognese, subissandolo di applausi e "bravo" a scena aperta. Ed è qui che ha avuto inizio il cammino trionfale del baritono e dello splendido ensamble che lo ha accompagnato durante tutto il concerto.
Ogni brano proposto (O vecchio cor che batti da "I due Foscari", Dagli immortali vertici dall' "Attila", fino a L'esule dalle "Arie da Camera" che ha concluso la prima parte del recital) è stato un capolavoro vocale e interpretativo, un trionfo di quelle superlative doti che solo Leo Nucci possiede. Un interprete che unisce la potenza e l'esperienza che gli deriva dalla carriera che lo ha visto cantare in tutti i teatri del mondo ad una peculiare dote interpretativa che conferisce ai brani una grandissima espressività, sempre presente, ma con quel vigore indispensabile per un interprete verdiano. E tutto questo arricchito dalla capacità di collegare le frasi quasi senza soluzione di continuità, e dall'alternare sapientemente i chiaroscuri. Doti, ripetiamo, indispensabili per ogni interprete verdiano che si rispetti, ma che Leo Nucci possiede oltre ogni misura e che rappresentano il motivo per cui il cantante bolognese è oggi considerato il più grande baritono verdiano.
Dell'Italian Chamber Opera Quintet, formato da Paolo Marcarini al pianoforte (nonché autore degli arrangiamenti), Pierantonio Cazzulani al violino, Christian Serazzi alla viola, Andrea Cavuoto al violoncello e Marta Pettoni all'arpa, non si possono che tessere le lodi, tanta è stata la loro bravura. E lo si è sentito appieno, oltre che negli accompagnamenti, nelle esibizioni "a solo" della formazione, con le fantasie sui temi da "Aida" nella prima parte e su "I Vespri Siciliani" nella seconda, nonché nello stupendo Notturno dal "Falstaff". Ma un encomio particolare va rivolto agli arrangiamenti di Paolo Marcarini, che non esiteremo a definire "geniali", non solo per l'abile utilizzo degli strumenti al fine di ricreare il più possibile le timbriche di un'orchestra sinfonica, ma anche per l'originale idea di far precedere l'inizio delle arie del cantante da introduzioni strumentali che citano abilmente i principali temi dei drammi lirici, con un effetto che fa calare l'ascoltatore nel peculiare clima di ogni opera.
Le seconda parte ha regalato altri capolavori e altre grandiose esibizioni da parte di Leo Nucci, come il celebre Di Provenza il mar, il suol da "La Traviata", In braccio alle dovizie da "I Vespri Siciliani", Eri tu che macchiavi quell'anima da "Un ballo in maschera" e il conclusivo Aria e morte di Rodrigo dal "Don Carlo".
Perle interpretative di un concerto trionfale, che Piacenza e i piacentini ricorderanno senza dubbio per lunghissimo tempo.

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