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Giovedì 3 Ottobre 2013 - Libertà

Ritratto di un maestro spirituale

All'Iris partito con successo "Cineclub" col film "Bokar Rimpoché", viaggio nel mondo del buddismo, ospite il monaco tibetano Ghesce Lobsang Tenkyong

PIACENZA - Sono il bordeaux e il giallo zafferano del "trichiwara", l'abito dei monaci buddisti, a restare impressi dopo la prima proiezione targata Cineclub. Martedì, all'Iris, per l'avvio della rassegna frutto della collaborazione tra Cineteca Italiana, multisala e Comune, col sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano e Fondazione Libertà (che al martedì offre su queste pagine un coupon-sconto di 2 euro sul biglietto), c'era un pubblico piuttosto numeroso.
Tutti lì ad affondare gli occhi nelle foschie e nei pacificanti spaccati mozzafiato dell'India himalayana, sfondi di grande suggestione cui il regista belga Guy Maezelle ha dato rilievo nelle immagini del suo film Bokar Rimpoché, assorto e intenso ritratto del grande maestro spirituale del buddismo tibetano che dà titolo alla pellicola, erede e rappresentante di una conoscenza ancestrale trasmessa di generazione in generazione.
Il successo messo a segno da questa prima proposta, afferente al percorso tematico Conosci te stesso: meditazione, ricerca, spiritualità, India, la dice lunga sul bisogno che avvertiamo - senza trovare il modo e la voglia di soddisfarlo - di prenderci il tempo per guardarci dentro e ristabilire una connessione con gli altri, con noi stessi e ciò che ci circonda. Concetti espressi con urgenza, e intervallati da risate limpide e leggere, anche dal venerando Ghesce Lobsang Tenkyong prima della proiezione.
Il monaco tibetano - residente a Caorso dal 2009, faro spirituale del gruppo di studio LTK di Cremona e Piacenza, che ha favorito la sua partecipazione alla serata - ha definito la meditazione «un antidoto alla delusione. Meditare porta ad eliminare le sofferenze, a distaccarsi dall'ego e dai motivi che ci procurano rabbia e gelosia. Molti problemi del mondo in travaglio derivano da questi sentimenti che coviamo. Siamo abituati a comportarci in maniera contraddittoria: ad esempio abbiamo bisogno della gelosia per proteggere gli affetti nonostante ci renda infelici. Ogni emozione negativa ne innesca altre a catena, che ci impediscono di capire cosa accade in noi. La pace e l'equilibrio del mondo sono una condizione che dobbiamo ritrovare prima di tutto in noi stessi».
Perfetta cornice al film, le parole di Tenkyong, alle carrellate di volti di monaci e monacelli, alle ritualità e alle iniziazioni quotidiane in uso nei monasteri tibetani e alle puntuali e spettacolari documentazioni di culti e cerimonie, che si consumano tra aromi di incensi e suoni di corni, campanelli, tamburi e canti salmodianti. Un film che, senza venir meno agli aspetti documentaristici, alla ricostruzione di spaccati storici e della vita di Bokar, ci lascia il bisogno di mettere in discussione le nostre impalcature mentali e gli schemi egoistici nei quali affoghiamo noncuranti della confusione e dell'infelicità che ci procurano. «Non sono un grande meditatore - afferma nel film Rimpochè - ma basta raccogliersi un poco ogni dì per produrre serenità, fiducia in sé e compassione verso gli altri». Qui non si fanno proselitismi, ma serate così non lasciano indifferenti.

Paolo Schiavi

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