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Domenica 13 Ottobre 2013 - Libertà

Teatro e tessuto urbano: quando il "dialogo" è possibile

Al Teatro Gioia un interessante convegno: tra i relatori anche l'attore e regista Franco Branciaroli

PIACENZA - Una carrellata di interventi, per altrettanti spunti e suggestioni, all'insegna di un intenso confronto interdisciplinare a spasso tra i secoli tra architettura e teatro, arte, storia e ritualità. Ieri mattina, la giornata di studi ispirata al tema Spazi teatrali non convenzionali, inserita nel programma del festival L'altra scena, organizzata dall'Associazione Amici di Teatro Gioco Vita e curata dall'architetto piacentino Massimo Ferrari, ha inaugurato ufficialmente il Teatro "Gioia", ricavato dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano nell'Ex Chiesa dei Gesuiti.
Di fronte ad un folto uditorio di curiosi - molti gli studenti di architettura, soprattutto dalle classi ad indirizzo specifico del Liceo Cassinari - otto interventi di docenti, studiosi ed esperti. A dare l'avvio al convegno, i saluti delle autorità: Diego Maj, direttore di Teatro Gioco Vita, il sindaco Paolo Dosi, il presidente della Fondazione Francesco Scaravaggi, il vicepresidente della Provincia Maurizio Parma e il presidente degli Amici del Gioco Vita Alberto Dosi.
Ad orchestrare gli interventi, Ferrari, che ha dedicato il suo spazio ad un "ripasso" di possibili interventi di recupero di spazi "impropri" piacentini: il bellissimo progetto sulla Cavallerizza, quello di Pietro Berzolla sul terminal ferroviario della stazione e quello en plain air nel vallo dell'Arsenale militare. L'architetto Marcello Spigaroli, progettista del "Gioia", ha documentato invece il millenario rapporto simbiotico che lega il teatro al tessuto urbano, risposta ad un bisogno di «specchiarsi vicendevolmente in un reciproco scambio di forme caratteristiche». Non è mancato un accenno alle arti figurative, che da sempre adottano lo schema teatrale come emblema di costruzione pittorica, tema cui si è allacciato il critico e giornalista Giuseppe Frangi in un lungo excursus di grandi raffigurazioni, da Le storie di Isacco in Assisi a Caravaggio, dalle riflessioni sul voyeurismo di Duchamp a Francis Bacon.
Se Paolo Zermani, dall'Università di Firenze, e Bruno Adorni, dall'Università di Parma, hanno raccontato la storia di strutture secolari come il Teatro Farnese di Parma e riportato alla luce progetti favolosi come quelli del Vignola per il nostro Palazzo Farnese, illuminando costentualmente il tema dei rapporti scalari tra architettura teatrale, città e meccanismi scenotecnici, Alberto Ferlenga dallo IUAV di Venezia ed Enrico Bordogna, dal Politecnico di Milano, si sono dedicati a illustri esempi novecenteschi: il suggestivo "Teatro del Mondo" di Aldo Rossi, capace di apparentarsi con qualsiasi architettura e ambientazione data, e gli "pseudo-teatri" di Guido Canella, che ha saputo applicare schemi di stampo teatrale a realizzazioni di architettura civile e istituzionale.
Interessante, infine, lo spunto offerto dall'attore e regista Franco Branciaroli. Mettendo agli antipodi le regie monumentali di Luca Ronconi e le drammaturgie di Giovanni Testori ed evidenziando, in un intervento lucido e provocatorio, come «l'importanza crescente delle scenografie abbia corrisposto ad un declino della forza più nascosta della rappresentazione», ha lasciato un punto interrogativo sul futuro del teatro. Sbilanciato sulla potenza della nuda parola o sulla monumentalità degli allestimenti, mai sazierà la sua sete di spazi e sempre saprà amplificare la capacità di accoglienza dell'architettura in virtù del suo indomabile potere trasfigurante.

p. sch.

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