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Domenica 13 Ottobre 2013 - Libertà

Scommessa vinta per "Luisa Miller" firmata Leo Nucci

di ALFREDO TENNI
«E' andata! » sussurra Leo Nucci, dietro le quinte di un Municipale "tutto esaurito", mentre scrosciano gli elettrizzati applausi del pubblico alla fine del primo atto della Luisa Miller di Giuseppe Verdi. E gli occhi del leggendario baritono, che per molti è il massimo cantante verdiano tuttora in atttività, si riempiono di lacrime. Può stupire questa emozione da esordiente in un artista dalla carriera così lunga e gloriosa, che è, oltretutto, un veterano di quest'opera. Eppure, in un certo senso, nella Luisa Miller che l'altra sera ha aperto la stagione lirica del Municipale e che sarà replicata domani sera alle 20.30 per il Turno B di abbonamento (si tratta di un allestimento nuovo di zecca, che è realizzato dalla Fondazione Teatri di Piacenza, dalla Fondazione Teatro Comunale di Ferrara e dal Teatro Alighieri di Ravenna in collaborazione con il Teatro Comunale di Bologna, e che si fregia del "marchio ufficiale" delle celebrazioni per il Bicentenario Verdiano concesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali a una ristretta selezione di spettacoli in scena nei cartelloni italiani) Leo Nucci, un esordiente, lo è davvero. E lo è due volte: sia in prima persona, sia, per così dire, "per procura".
Questa Luisa è infatti la prima regia lirica che Nucci firma nella sua carriera, anche se, con l'abituale, sorridente arguzia, il diretto interessato dice: «Io non sono il regista dell'opera: io la metto in scena soltanto. L'unico regista, qui, è Verdi». E la bellissima sorpresa della compagnia di canto (un cast di giovani molto bravi, che hanno entusiasmato il pubblico) è frutto di una scommessa riuscita dello stesso Nucci, che di questi cantanti (oltre che di quelli che andranno in scena nella replica di domani) è stato talent scout e maestro con l'obiettivo di mettere all'onor del mondo questa Luisa: «Li ho "scoperti" alle preselezioni del concorso "Voci Verdiane"», racconta Nucci. «Per mesi hanno studiato con me questa Luisa fino al debutto: sei ore al giorno di lavoro duro, sulla voce, la partitura, la drammaturgia, gli accenti, i gesti, tutto».
Questo sì che è un "talent show", altro che quelli della Tv. E i risultati si vedono. Il pubblico del Municipale, che non ha lesinato applausi a scena aperta, ha mostrato di gradire soprattutto («E' così che Verdi si canta! »), i due principali interpreti maschili: due cantanti stranieri che, detto per inciso, sfoggiano una dizione che può essere di modello per molti loro colleghi italiani. Il tenore kazako Medet Chotabaye è un Rodolfo che ha conquistato platea e loggioni con una voce potente, morbida, rotonda, ben timbrata e molto omogenea (qualità che non è moneta corrente fra i tenori d'oggi). Quando ha affrontato il momento-clou dell'opera, Quanto le sere al placido ha avuto, forse, l'unica pecca di essere stato un po' troppo scolastico; ma si è rifatto profondendo emozioni al calor bianco nel suo superbo finale di Terz'Atto. L'altro perno maschile del primo cast è il baritono coreano Mansoo Kim, anche lui benedetto da una voce ricca e potente, in cui il vibrato spesso "aperto" non nuoce alla nobilità dell'eloquio, e dotato di un'intensità drammatica di prim'ordine (ha fatto il pieno di "bravo! " alla fine di Ah, fu giusto il mio sospetto! ). Il soprano Giulia Della Peruta è una Luisa di gradevole freschezza e di inappuntabile tecnica, che supera quasi alla perfezione le tremende difficoltà della sua parte (molto bella la sua resa dell'aria Lo vidi e il primo palpito) e che ammalia con la seducente bellezza dei suoi "filati"; non si distingue per potenza vocale, ma è una cantante alla quale si può predire un bel futuro, anche se Mozart le è forse più congeniale di Verdi. I bassi Gianluca Lentini (Conte di Walter) e Cristian Saitta (Wurm) hanno voci belle più per colore e per duttilità che per "peso", ma sono interpreti di prima classe. Nella breve ma magnifica parte di Federica, il mezzosoprano cinese Junhua Hao ha fatto una figura eccellente. E, se è vero che la riuscita di una compagnia di canto si valuta dalla qualità dei comprimari, il Contadino del tenore Bruno Nogara e la Laura del soprano Renata Campanella, ottimamente cantati, hanno contribuito a un successo d'insieme davvero incoraggiante, così come vi ha contribuito quel magnifico "cantante collettivo" che, ancora una volta, è stato il Coro del Municipale, preparato a dovere da quel grande maestro che è Corrado Casati.
Vera cartina di tornasole dell'ottima preparazione del cast è che i cantanti siano usciti con onore anche dal numero d'insieme più difficile dell'opera: l'impervio quartetto a cappella, esaltato scenicamente da un espediente scenico minimale, con i quattro interpreti in scena uno accanto all'altro, isolati da fredde luci bianche. E' solo una delle idee semplici ma efficaci che il sedicente "non regista" Leo Nucci (affiancato dal regista collaboratore Salvo Piro, dagli scenografi-pittori Rinaldo Rinaldi e Maria Grazia Cervetti assistiti da Andrea De Micheli, dal costumista Alberto Spiazzi e dal "light designer" Claudio Schmid) sfodera in un allestimento di estrema economia (in tutti i sensi), in cui a dettare tempi e gesti del dramma è, davvero, la musica di Verdi e solo quella: l'azione, complici i bellissimi costumi di Spiazzi, è trasposta dal Seicento all'Ottocento («E' quello che Verdi avrebbe originariamente voluto: quando rinunciava alla contemporaneità lo faceva solo per sfuggire alla censura», afferma Nucci) e i cantanti-attori si affrontano su un palco nudo, in cui l'incanto bucolico del Tirolo è evocato solo le scene dipinte che si muovono e scorrono con effetti "cinematografici".
Last , ma certamente not least, citiamo il responsabile dell'esecuzione musicale di questa Luisa: il maestro Donato Renzetti, un grande direttore che non ha certo bisogno di presentazioni e che, alla guida dell'Orchestra Cherubini, sfoggia la sua ben nota maestria di concertatore e una maestria ancora più seducente nell'accompagnare il canto.

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