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Martedì 2 Marzo 2004 - Libertà

Tommaso Quintet: romance e virtuosismi

Piacenza Jazz Fest - Successo per l'apertura della rassegna al President, domani Pieranunzi al Nicolini. Da Rota a Bacalov, ottima ricognizione tra temi cinematografici

Se il buon giorno si vede dal mattino, allora, dopo il concerto inaugurale che il Giovanni Tommaso Quintet ha tenuto l'altra sera al cinema President, è facile predire alla prima edizione del Piacenza Jazz Fest uno svolgimento più che radioso. Il debutto del primo festival jazz di ampio respiro promosso nella nostra città (a organizzarlo è il Piacenza Jazz Club in collaborazione con gli assessorati comunali a cultura, pari opportunità e formazione, la Provincia, la Fondazione di Piacenza e Vigevano, il Conservatorio Nicolini e Fondazione Libertà: il presidente del Club Gianni Azzali, nel suo discorso introduttivo, ha ringraziato i partners organizzativi e ha ricordato con orgoglio gli oltre 200 iscritti che il sodalizio, superando ogni previsione, ha totalizzato in un anno di vita) non avrebbe davvero potuto essere più felice.
Uno spazio capiente come quello del President - che ha mostrato un'ottima vocazione acustica per questo tipo di concerti - ha sfiorato il "tutto esaurito". E lo spettacolo in cartellone si poneva, per qualità, nella zona di vertice della scena italiana contemporanea. Innanzitutto per il prestigio del leader: poter sentire in azione Giovanni Tommaso, uno dei migliori contrabbassisti in attività sulle scene mondiali, è cosa che da sola vale il prezzo del biglietto. Secondo punto di forza, un gruppo di qualità davvero stellare, che per metà (un trombonista di scioltissimo virtuosismo come il grande Luca Begonia e un pianista come Antonio Faraò, capace di unire eleganza e incisività) ha già affiancato Tommaso nel suo recente cd Secondo tempo e per l'altra metà sostituisce validissimamente gli importanti "amici americani" al lavoro in quel disco (il giovane e magnifico Daniele Scannapieco rimpiazza al sax tenore nientemeno che Joe Lovano ed esce dall'impresa a testa alta; e, dietro tamburi e piatti, al posto di Teri Lyne Carrington siede Massimo Manzi: un grande in tutti i sensi, un batterista esaltante per finezza, inventiva e varietà dinamica). Terza attrattiva, un "programma" estremamente accattivante: il confronto che Tommaso è andato cercando negli ultimi tre anni coi classici della musica da film, in dischi come La dolce vita (realizzato con partners d'eccezione - Enrico Rava, Stefano Bollani, Roberto Gatto - e idolatrato dalla critica Usa) e il citato Secondo tempo.
Ogni luogo ha le sue divinità votive, e una sala cinematografica come il President si è accesa di particolari vibrazioni a queste melodie che hanno accompagnato tanti sogni di celluloide grandi e piccoli: melodie, beninteso, riviste con straordinaria fantasia e con una freschissima voglia di "suonare giocando". E' il caso dei temi composti da Nino Rota per La dolce vita (con un trattamento calypso, un po' nello stile del Sonny Rollins di Saxophone Colossus, che è già un classico) e Amarcord (con un'intensissima "intro" eseguita da Tommaso con l'archetto). O del Morricone ribaldo e cantabile di Il Clan dei Siciliani.
O del lirico tema di Il postino firmato da Luis Bacalov. "Suonare musica grande come questa scritta da compositori italiani - e possiamo considerare italiano d'adozione anche Bacalov - è un motivo d'orgoglio per chi, come me, si sente italiano fino in fondo" dice il leader dal palco. In questo canone di "italiani autori di grandi temi" possiamo senz'altro inserire Tommaso stesso, che mostra tutta la felicità della sua penna nei brani originali che incorniciano la serata. Come l'apripista Opposites attract, in cui l'immagine degli "opposti che si attraggono" è evocata attraverso le stilose simmetrie dei dialoghi Begonia - Scannapieco e Faraò - Manzi (mentre il capobanda ritaglia per sé un assolo di difficoltà "trascendentale" e di fantastico ardimento melodico, che pare gettare un ponte fra Scott La Faro e le divagazioni elettriche di Jaco Pastorius). E il vivace tourbillon di O Benigni, saluto a distanza fra toscani (Tommaso è di Lucca). Ma il meglio del Tommaso compositore arriva alla fine, con un altro brano che omaggia nel titolo la Settima Arte e le memorie della città natale: Cinema Moderno, in cui un riff di fiati che ha la statura del classico si libra sulla danza inebriante di contrabbasso, batteria e pianoforte. Delizioso anche il riff "destrutturato" di Fast fox, simpaticamente dedicata - coi suoi veloci "inseguimenti" strumentali - alle povere volpi che in Inghilterra vengono cacciate con gran dispendio di divise, cavalli e cani. Dopo simili assaggi, ci si ritrova ad attendere co un motivo di interesse in più Quando arrivano le ragazze, il nuovo film di Pupi Avati - che se intende - sulla nuova scena jazz italiana, in cui Tommaso firma la colonna sonora. Attendendo la sua uscita nelle sale, gli appassionati piacentini potranno riscoprire (o scoprire) grandi "film jazz" sul grande schermo grazie alla rassegna regionale Accordi & disaccordi che, sotto gli auspici di Piacenza Jazz Club, Fice e Fronte del Pubblico, avrà luogo al Jolly2 di San Nicolò tutti i giovedì alle 21.30 dal 4 marzo (si comincerà con Dal Mali al Mississippi di Martin Scorsese, abbinato a Coal Black and de sebben dwarfs, "corto" firmato nel '43 da Robert Clampatt) al 27 maggio. Un'altra, più ridotta, branca piacentina della rassegna sarà ospitata al Capitol di Fiorenzuola martedì alle 21.30, dal 9 marzo al 6 aprile.
Iniziative che, congiunte al programma arrembante del Piacenza Jazz Fest (che tornerà a "colpire" già domani, col pianista Enrico Pieranunzi al Nicolini), stanno per regalare alla nostra città e alla sua provincia una Primavera Jazz così ghiotta che gli aficionados temono di svegliarsi da un momento all'altro e scoprire che è stato un sogno.

Oliviero Marchesi

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