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Venerdì 25 Ottobre 2013 - Libertą

Quelle antiche civiltą sul Grande Fiume

Una articolata visita al Museo archeologico ha concluso l'iniziativa "Il Po ricorda"

piacenza - Si possono individare tanti, diversi fili conduttori nella visita a un museo archeologico, alla scoperta di antiche civiltą. A Palazzo Farnese č stato scelto di ripercorrere le testimonianze legate al rapporto tra la nostra cittą e il Grande Fiume, nell'appuntamento conclusivo del progetto Il Po ricorda, ideato e realizzato dall'associazione Arti e pensieri, in collaborazione con il Comune, con il sostegno della Fondazione di Piacenza e del Consorzio di bonifica, quale occasione per «un'educazione alla fruizione del paesaggio, al di lą della retorica e della normativa per la tutela», imparando ad allargare lo sguardo grazie «all'approfondimento delle ragioni storiche, estetiche ed etiche che in passato hanno regolato l'intimo equilibrio tra l'uomo e l'ambiente».
Tra gli intervenuti, la direttrice dei Musei Civici, Antonella Gigli, la responsabile della sezione archeologica, Annamaria Carini, e l'assessore alla cultura Tiziana Albasi, soddisfatta dell'esito dell'iniziativa, della quale ha auspicato una seconda edizione. Il viaggio nelle sale, prendendo in considerazione i reperti che avevano suggerito la scorsa estate i temi di ciascun appuntamento all'aria aperta sul Lungopo, č partito dal paleolitico, per proseguire nel mesolitico fino al neolitico, attraverso quanto emerso a Le Mose durante il cantiere del polo logistico: vasi a bocca quadrata con decorazioni a meandri e linee ondulate ispirate a motivi acquatici, un grande amo da pesca in corno rinvenuto nella tomba di un pescatore, un ascia in giadeite proveniente dal Monviso ossia dalle sorgenti del Po, ornamenti in vertebre di luccio. Il rapporto con l'acqua «di questi agricoltori e allevatori, che praticavano anche la pesca e che scelsero di stabilirsi in zone parzialmente esposte alle esondazioni» era particolarmente rilevante. Emblematici dell'etą del Bronzo invece i pugnali da parata, con funzione di offerta votiva, trovati sulla riva del Po a Parpanese non lontano da Castelsangiovanni. I pugnali rivestivano all'epoca un ruolo di status symbol, in seguito attribuito alle spade, come i cinque esemplari datati al Bronzo recente scovati dragando il fiume a Malcantone e nella zona di Caorso: doni con i quali le popolazioni terramaricole del II millennio avanti Cristo cercavano di scongiurare il pericolo devastante delle inondazioni. La fondazione della Placentia romana nel 218 avanti Cristo comportņ una rinnovata relazione tra il territorio e il notevole corso d'acqua, trasformato in una trafficatissima via di comunicazione. Nel 2007 in via Venturini sono affiorate anfore da olio (di produzione cisalpina-istriana) e da vino (con bollo LNAEVI, ossia della fornace di Lucio Nevio, attivo nella zona di Placentia e Veleia tra il I secolo a. C. e il I secolo d. C.). Altri recipienti per il trasporto di merci sono nell'Antiquarium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Giungevano a Piacenza via fiume anche materiali pesanti, come l'epigrafe funeraria in pietra d'Istria collocata sotto il loggiato in corrispondenza dell'ingresso del museo, e le colonne in marmo rosa di Verona della cripta di Santa Margherita. Al Medioevo risalgono spade longobarde non esposte, ma il cui processo di lavorazione č stato illustrato nei pannelli preparati dal fabbro d'arte Massimiliano Bertuzzi. Nell'aula didattica, grandi e piccini hanno infine preso parte a specifici laboratori.

Anna Anselmi

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