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Martedì 24 Settembre 2013 - Libertà

Suggestioni in jazz ripensando a Fellini

In Fondazione il pianista milanese Zambrini con il suo trio in un omaggio alle musiche da film di Nino Rota: riuscito l'aperitivo musicale alla rassegna "Cineclub"

PIACENZA - In Fondazione, una piccola festa in occasione del decennale di Cineclub: un "aperitivo musicale" pomeridiano, una formula inedita, ben accolta dal pubblico piacentino, che potrebbe quindi essere riproposta nei mesi a venire. In scena, domenica all'auditorium di via Sant'Eufemia, c'era il pianista jazz milanese Antonio Zambrini, in trio col suo omaggio alle musiche di Nino Rota, nella ricorrenza del ventennale della scomparsa di Federico Fellini. Un appuntamento, organizzato dalla Cineteca Italiana in collaborazione con Piacenza Jazz Club, per battezzare la decima edizione della rassegna Grandi film su grande schermo, al via martedì prossimo all'Iris.
Al centro del concerto, dicevamo, le melodie immortali di Rota, ormai entrate nell'immaginario collettivo, rivisitate in chiave jazz con classe e spiccata sensibilità introspettiva da Zambrini, sostenuto con gusto e misura da Andrea Di Biase al contrabbasso e Antonio Fusco alla batteria. Non solo Fellini e non solo colonne sonore, nel programma, che ha ricalcato i brani del cd Antonio Zambrini plays Nino Rota (co-prodotto da Cineteca ed ABeat Records): Zambrini, pescando nel vasto repertorio del grande compositore, ha infatti presentato anche un paio di "chicche": I due timidi, radio opera del 1950 su libretto di Cecchi D'Amico, qui sviluppata a tutto swing con un interplay vigoroso, largo, intenso e dagli accenti scintillanti; e Prelude n. 2 for piano, scaturita, dopo il tema felliniano de La strada, da un raccordo percussivo e spettrale, rumoristico e "notturno" di grande suggestione. Toni intimi e agitati, un discorso jazz libero e fremente che ha messo in luce la voce melodiosa del contrabbasso di Di Biase, la leggerezza del drumming di Fusco e l'abilità del leader nell'ampliare un frammento di scrittura verso sviluppi interpretativi insospettabili.
A farla da padrona sono stati però i temi legati ai capolavori del maestro riminese. La strada, malinconico e poetico, tra increspature eleganti e dolce passionalità. I vitelloni, swing marciante e "instabile", costellato di oblique e schioccanti dissonanze. L'aria celeberrima de La dolce vita, onirica e sensuale, ricca di evoluzioni improvvisative "materne" e sottili provocazioni armoniche. In chiusura, Otto e mezzo, rutilante e spiritoso, un climax ritmico vorticoso da capogiro.
Interessante la scelta di rileggere anche i temi de Il padrino di Coppola - tra i ritmi latin abbraccianti e le esplosioni chiaroscurali di Love song e la mestizia lunare, gli accenti spiritati e ombrosi del Finale - e di riportare a galla la bellezza del tema scritto da Rota per Rocco e i suoi fratelli di Visconti, poi scartato e mai utilizzato, in un'esecuzione perfettamente in bilico tra dolenza e dolce rilassatezza. Zambrini e soci ci hanno restituito le composizioni rotiane in tutte le loro possibili sfumature, esaltandone la loro profonda essenzialità, ma non sempre ha funzionato l'incastro con i pur intriganti loop di immagini sullo sfondo, tratte dai più celebri film dei tre registi. Un percorso multisensoriale a tratti pregnante ed emotivamente stimolante ma altrove un tantino posticcio: perfettibile.

Paolo Schiavi

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