Giovedì 18 Luglio 2013 - Libertà
«Il mio segreto? È la sintonia con il pubblico»
Il chitarrista milanese Franco Cerri, 87 anni, un mito vivente del jazz, si racconta con passione e modestia
Stasera il concerto col piacentino Luca Garlaschelli al contrabbasso e Alberto Gurrisi all'organo Hammond
di MATTEO PRATI
Una lunga carriera, 87 anni, 68 di tocchi felpati, al servizio della musica. Un innamoramento sbocciato in tenera età più o meno a 14 anni, quando il padre gli regalò la prima chitarra. Poi la gavetta, le svolte, i passi decisivi nel mondo del jazz. La sua chitarra jazz, lo stile Cerri: «Ho cominciato suonando la chitarra ad orecchio, in famiglia non c'erano molti soldi e mi sono dovuto arrangiare». Franco Cerri, classe 1926, si racconta con la modestia dei grandi e la signorilità di un gentiluomo d'altri tempi. Il maestro Cerri, ma lui non gradisce i titoli altisonanti, sarà ospite questa sera alle 21 nel cortile di Palazzo Rota Pisaroni a "Note d'estate", la rassegna allestita dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano (l'ingresso è libero). Nell'esibizione il chitarrista milanese sarà accompagnato dal piacentino Luca Garlaschelli al contrabbasso e da Alberto Gurrisi all'organo Hammond.
La sua è una storia di emozioni, di ricordi e di incontri con i più importanti musicisti jazz del novecento. Come il chitarrista belga Django Reinhardt che di passaggio a Milano lo invitò ad entrare nel suo gruppo per una scrittura di 2 settimane. Era il ‘49. Pochi giorni fa, invece, sul prestigioso palco di Umbria Jazz Cerri si è visto tributare l'ennesima standing ovation della sua carriera. L'affetto del pubblico nei suoi confronti non accenna a scemare, anzi. «Sì mi sono esibito a Perugia con Simona Molinari, timbrica deliziosa - spiega Franco Cerri con voce calma e gentile -. Parlando di affetto ha toccato un passaggio cruciale nella vita di un musicista: il rapporto con il pubblico, un momento essenziale del concerto. Il rispetto per chi ti viene ad ascoltare è una cosa che non ho mai dimenticato. Il pubblico sempre in primo piano. Ogni serata è diversa e in ogni serata c'è bisogno di creare una sintonia tra chi sta sul palco e chi ascolta».
Sono parole di chi non ha perso nemmeno una stilla della sua passione antica. A tenere vivo questo "fuoco" c'è anche il suo impegno con i Civici Corsi di Jazz a Milano, fondati con il suo amico Enrico Intra...
«Certamente il contatto con i ragazzi dei corsi è molto gratificante. Con loro c'è uno scambio, c'è amicizia. Ai ragazzi della scuola parlo delle mie esperienze. Come sono riuscito a essere quello che sono da autodidatta».
Ho letto che ha imbracciato la sua prima chitarra a 14 anni. Se lo ricorda quel momento?
«Era il settembre del ‘43, non girava molto denaro. Papà mi regalò una chitarra e mi disse: "Questa è la chitarra, non c'è una lira per un maestro, vedi tu". Ebbi un attimo di smarrimento ma non mi arresi».
Ha scelto la strada giusta...
«I miei genitori all'inizio non credevano che sarei riuscito a farmi strada nel jazz, facevo il muratore, il fattorino e l'ascensorista. Pensi che una sera tornai a casa e con entusiasmo richiamai la loro attenzione: "Papà mamma, ho suonato con Kramer! ". E mio padre: "Sì sì va' a letto che è tardi". Però se sono arrivato qui devo ringraziare loro».
E, naturalmente, il maestro Gorni Kramer, una superstar all'epoca. L'incontro che le ha cambiato la vita?
«Direi di sì, diceva che avevo la paletta, l'orecchio. La prima volta lo incontrai in un cortile. Nei cortili la gente riprendeva a ballare per festeggiare la fine della guerra. Un giorno, mi trovavo con un gruppo di amici a Porta Genova. A un certo punto arriva Gorni Kramer, e chiede: "Chi di voi conosce brani americani? ". Prende una sedia, si siede vicino a me e iniziamo a suonare. Eccezionale. Lo rincontrai, una seconda volta, per caso in centro a Milano e mi propose di lavorare con lui. Al debutto i miei genitori vennero di nascosto a vedermi, per essere sicuri che fosse tutto vero».
La chitarra che ama di più?
«Mi piacciono gli strumenti, ho pianto e riso con loro. Mi innamorai del suono della chitarra, allora non c'era la chitarra elettrica. Ne ho avute tante, sono affezionato ad una Gibson 175, ora dal 1980 suono con una Gibson L5».
A Piacenza che concerto ci dobbiamo aspettare?
«Sarà un concerto denso di colori e sapori jazz, proporremo un repertorio variegato fatto di standards popolari e qualche mio pezzo. Mi aiuteranno due splendidi musicisti come Luca Garlaschelli e Alberto Gurrisi all'organo Hammond».