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Giovedì 13 Giugno 2013 - Libertà

Tra De Machaut , Van Eyck e Dornel

Incanta l'affascinante viaggio sonoro "Flatus" del trio Icarus
Folto pubblico al poetico concerto nella cornice di San Cristoforo per il "Bibiena art festival"

piacenza - Strumento musicale affascinante, facile da trasportare e manutenere, economicissimo, adatto a qualsiasi repertorio: è il flauto. E l'ha ottimamente valorizzato il trio "Icarus" e cioé Stefano Bagliano, Lorenzo Cavasanti e Manuel Staropoli, tutti dal curriculum lunghissimo per numero di esibizioni e prestigiose registrazioni.
Il concerto - tenuto all'oratorio di San Cristoforo nell'ambito della rassegna Bibiena Art Festival (Baf) - è stato organizzato dal Gruppo Strumentale Ciampi, quest'anno al 60° anno di attività, coadiuvato dalla galleria Spazio Rosso Tiziano e dall'associazione Progetto Musica.
Flatus, dialogo musicale dal Medioevo ai giorni nostri è stata allora un'interessante escursione tecnico-geografica per mostrare espressioni caratteristiche del flauto nei secoli.
Per Bagliano «questo strumento non è utilizzato a livello professionale come meriterebbe. Nei secoli ci furono pochi esecutori anche se di altissimo livello. Ne mostreremo capacità virtuosistiche e notevole mix appeal».
Inizio con la scuola francese del ‘300, Ma fin est mon commencement di Guillaume De Machaut quindi Coockow di John Baldwine, dalla tradizione inglese di fine ‘500.
Non scordiamo il contributo olandese con Variazioni su Daphne di Jakob Van Eyck, prima metà del ‘600. Ma per sentire note raffinate bisogna di nuovo transitare in Francia, prima metà del ‘700 con Louis-Antoine Dornel e la Sonata a tre in Re min.
E gli italiani? Antonio Vivaldi salva e catechizza tutti, riassume la nobiltà del suono del flauto come ribadito in Concerto da camera in Sol min. RV 106 articolato in tre spigliati momenti.
Per finire la scuola tedesca con fraseggio potente per calore e colore come evidente nei pezzi sia di Franz Joseph Haydn della seconda metà del ‘700 che in quelli di George Philipp Telemann dei decenni centrali del ‘700.
Secondo Cavasanti «il programma era l'ideale per mettere in luce questo tipo di organico dove c'è un inizio polifonico per poi stabilizzarsi delineando così una piccola storia del flauto».
I musicisti avevano con sé diversi tipi di flauto e ne hanno utilizzati parecchi: «infatti quelli portati hanno taglio e grandezza differente come fessure e come corpo. Ci sono flauti lunghi anche più di due metri» ha aggiunto Staropoli.
Da strumento dell'Arcadia il flauto ha allora raggiunto audaci tessiture, il suono dolce e pastorale è diventato canto articolato e complesso. Nei secoli è infatti passato dal "suono fermo" tardo medioevale fino al più marcato stile mitteleuropeo attraverso l'agile vibrato dei francesi.
Bravissimi i flautisti: hanno sviscerato particolari timbri in un'esecuzione dinamicamente ben controllata e, alla stabilità intonativa, sono seguite le infinite possibilità del vibrato.
Ricordiamo che il Baf usufruisce del patrocinio del Comune di Piacenza, del sostegno del Ministero dei beni e delle attività culturali e della Regione Emilia Romagna e della Camera di commercio, di contributi da parte di Banca di Piacenza e Fondazione di Piacenza e Vigevano e di altri sponsor privati.

Fabio Bianchi

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