Giovedì 13 Giugno 2013 - Libertà
Dacrema: «La mia lettera aperta è un inno al piacere della conoscenza»
L'economista e docente universitario ha presentato in Fondazione il suo libro insieme allo scrittore noir Pinketts e al professore di Comunicazione Marco Dotti
piacenza - Un libro carico di speranza che però non nasconde i problemi della nostra università. Un libro onesto, scritto con un tono di estremo rispetto nei confronti dei suoi interlocutori, gli studenti universitari, le loro famiglie e - in fondo - tutti noi. Un professore - l'autore - che si accorge della sofferenza sul volto degli studenti, o ne intercetta i desideri, accendendoli di passione.
Lettera aperta ad uno studente universitario è il prezioso volumetto presentato all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano martedì, dall'autore Pierangelo Dacrema, economista di fama e docente universitario da 33 anni, tornato nel suo territorio d'origine (è nato a Castelsangiovanni). Per l'occasione ha voluto accanto a sé alcuni amici: il noto scrittore milanese di noir Andrea Pinketts e il professor Marco Dotti, docente di Comunicazione all'università di Pavia, editorialista, scrittore, traduttore, saggista. A coordinare la tavola rotonda Donata Meneghelli, insegnante di Filosofia al liceo Gioia e collaboratrice di Libertà.
Il libro di Dacrema è da poco nelle librerie, pubblicato da Jaca Book, che aveva già dato alle stampe il suo pamphlet Fumo, bevo e mangio molta carne, inno alla gioia di vivere. Questo è un altro inno alla gioia, «a quella del conoscere, al piacere che fa vibrare i corpi, li eccita, li muove, con la spinta della curiosità, della crescita» per usare le parole di Dacrema. Gli fa eco Pinketts che testimonia: «Ho visto Pierangelo in azione, in una delle lezioni universitarie. Gli studenti pendono dalle sue labbra. Lui cammina, gesticola, fa spettacolo».
La lezione come un teatro, in uno scambio empatico continuo. «L'università - per usare la definizione di Dacrema - è un teatro della mente», tanto che lo si può agire non solo tra le mura egli atenei, ma anche in un bar - perché no - come quelli dove ha sempre scritto il fantasista della penna Pinketts, che racconta un aneddoto: «Anni fa mi sedevo a scrivere nel bar Socrate davanti alla Statale di Milano. In periodi di laurea, c'erano tanti festeggiamenti al giorno. Ora non accade più; il Socrate ha chiuso. Non ci sono più tanti studenti che festeggiano la laurea. In compenso mi sono spostato al bar Trottoir che oltre ad avere un bel significato (Marciapiede) è il luogo dove ho conosciuto Pierangelo».
Cultura è anche relazione, desiderio che si trasmette da persona a persona, sete di conoscenza. Sono gli aspetti che il professor Dotti rintraccia nel libro di Dacrema. L'autore esprime riconoscenza nei confronti dei suoi insegnanti (in sala il "suo" prof. Repetti). Poi denuncia le menzogne raccontate invece oggi ai nostri giovani: «In primis, quella che fa credere che basti avere il pezzo di carta della laurea per trovare lavoro. Si studia per studiare. Si conosce perché l'uomo è portato a conoscere a crescere, a pensare».
Bello detto da un docente di economia dell'intermediazione finanziaria. Che rifiuta però di ridurre tutto ai numeri, ai calcoli, di far diventare gli studenti solo cifre, voti, contabilità. «Non è un errore solo italiano. E' un errore mondiale. Un errore di civiltà», denuncia Dacrema. Sotto la lente finisce il modello americano di istruzione, che parcellizza il sapere e fa perdere la visione d'insieme. Per dirla con Michel de Montaigne, l'insegnamento finale pare questo: «Più che una testa piena, meglio una testa ben fatta».