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Mercoledì 19 Giugno 2013 - Libertà

Sgarbi: «Importante studioso della generazione di mezzo»

Il primo incontro tra i due critici avvenne nelle sale della Ricci Oddi
Giacomo Marazzi: «Era straordinaria la sua capacità di divulgatore»

La notizia della morte di Ferdinando Arisi ha raggiunto subito (per mezzo dell'amico gallerista Maurizio Caprara) anche il critico Vittorio Sgarbi: «E' stato uno studioso importante della generazione di mezzo, tra quella dei fondatori e quella cui appartengo anch'io. Specialmente su temi locali - aggiunge Sgarbi - Arisi ha fornito contributi di grande importanza». E cita gli studi su Giovanni Paolo Panini, «raccolti in due volumi in cui l'artista piacentino viene ad assumere quasi il rilievo di Canaletto» e su Felice Boselli, autore di «nature morte nella tradizione dei pittori della realtà padana».
Poi il percorso condiviso con Sgarbi attorno alla figura di Gaspare Landi nella mostra allestita a Palazzo Galli: «Un'impresa resa possibile grazie a Corrado Sforza Fogliani, tra i più vicini ad Arisi con un affetto tale da consentirgli di realizzare ancora tanti progetti, anche quando non era più direttore della Galleria Ricci Oddi e dei Musei Civici. Con la morte di Ferdinando Arisi assistiamo alla fine di una tradizione di storici piacentini. Vedremo cosa ci riserverà il futuro».
Il primo incontro tra i due storici dell'arte era avvenuto nelle sale della Galleria Ricci Oddi a inizio anni Ottanta: «All'epoca frequentavo Gustavo Foppiani, Cinello, Luciano Spazzali, Armodio, artisti che anche Arisi apprezzava».
Tanti di loro erano stati pure suoi allievi nelle aule dell'Istituto Gazzola, dove Arisi ha insegnato storia dell'arte fino a un anno e mezzo fa, quando gli è subentrato Alessandro Malinverni: «In questo periodo ho potuto sperimentare maggiormente - dice Malinverni - la profondità della competenza di Arisi. Dell'Istituto Gazzola sapeva tutto: la storia dell'istituzione, le vicende di docenti e allievi. Era quasi stupefacente come riuscisse ad abbracciare ogni ambito, raccontando anche le diatribe, i piccoli aneddoti. E' stato lucidissimo fino all'ultimo. Nonostante abbia scritto moltissimo, con la scomparsa di Ferdinando Arisi abbiamo perso tanto in termini di possibilità di conoscenza, perché ricordava mille dettagli che non credo abbiano trovato tutti posto nelle sue pubblicazioni. Stava infatti pensando a nuovi articoli per la Strenna piacentina». C'è un ulteriore aspetto che Maliverni vuole sottolineare: «Ho sperimentato direttamente quando fosse generoso nel campo degli studi. Non ha mai tarpato le ali ai più giovani, ma era anzi sempre disponibile. Pieno di curiosità, dimostrava costantemente entusiasmo per il suo lavoro, l'arte e la cultura». Tra i lasciti: «L'organizzazione del Museo dell'Istituto Gazzola e l'unica pubblicazione esistente sull'istituzione».
Alla fine del 2012 era uscita la ponderosa monografia su Roberto De Longe, che ora rimane quasi un testamento: «Era un progetto che Arisi accarezzava da tempo» spiega l'allora presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano, Giacomo Marazzi, che ha pubblicato il pregevole volume: «Per Arisi era il concretizzarsi di un sogno, tanto che ha voluto partecipare alla presentazione, nonostante già allora avesse problemi di salute». Il vuoto lasciato da Arisi - osserva Marazzi - è particolarmente incolmabile: «Era straordinaria la sua capacità di divulgatore. Aveva una memoria incredibile, una cultura fuori dalla norma, testimoniata dai suoi scritti. Quando cominciava a parlare di un argomento storico, un'ora volava via quasi senza che me ne accorgessi, tanto era l'interesse che era in grado di suscitare».

Anna Anselmi

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