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Venerdì 24 Maggio 2013 - Libertà

Rifici: «La mia Bernarda Alba dissacrante»

Parla il regista del lavoro di Lorca in scena oggi e domani con la Filo per "Pre/Visioni"

di PAOLO SCHIAVI
Da non perdere, stasera alle 21, con repliche domani alle 15.30 e alle 21, La casa di Bernarda Alba di Garcia Lorca, al Teatro Filodrammatici per la regia del quotato talento milanese Carmelo Rifici, uno spettacolo prodotto dalla Società Filodrammatica Piacentina - in collaborazione con Teatro Gioco Vita e col sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano e Bulla Sport - inserito nel cartellone Pre/Visioni, conclusivo della stagione di prosa Tre per te, esito di un articolato percorso laboratoriale condotto da Rifici con gli attori della Scuola di perfezionamento teatrale della "Filo" (prenotazioni al Filodrammatici, tel. 0523-315578).
«Di Lorca si tende a enfatizzare la ritualità, la sacralità della parola poetica - spiega Rifici - mentre io ho voluto essere un po' dissacrante, smascherando quella vocazione all'esagerazione annidata nei tratti dei personaggi di maniacale e patologica personalità. Lorca non è il Verga spagnolo che analizza la società contadina dei suoi anni '30: guarda a quel mondo con una certa ironia e distacco, mostrandone anche i lati tragicomici o paradossali».
Una messinscena originale attende dunque il gruppo della "Filo": Paolo Dallatorre, Gabriella Carrozza, Anna Rosa Zanelli, Simona Fornari, Selena Buzzetti, Isabella Carini, Giuseppe Gambazza, Ilaria Di Ottavio, Loredana Vallisa, Flora Croce, Nicole Pelizzari, Marzia Gallo e Federica Ombrato. Corrado Calda è assistente al progetto; costumi di Loredana Vallisa ed Elide Lodi, luci di Alessandro Gelmini, scenotecnica di Davide Giacobbi.
Rifici, come si è sviluppato il lavoro con gli attori?
«Ho indicato a loro delle ipotesi, che hanno fatto proprie esprimendo la loro forza comunicativa. Non vorrei etichettare lo stile di recitazione, ricco di sfumature che cambiano di personaggio in personaggio e di situazione in situazione. C'è un taglio più espressionista che verista, ma non mancano virate al realistico e al grottesco. Si pensi più alla visionarietà di Goya che non al realismo di Velasquez».
Due i punti cardine della sua regia: l'uso dello spazio scenico e la valorizzazione del grottesco.
«Bernarda Alba è un melodramma interessante, un trampolino per sperimentare diversi problemi di recitazione. L'idea è portare a galla certe trappole drammaturgiche che normalmente vengono celate. Nel rifiuto della classica disposizione frontale all'italiana, una pedana aggettante in platea ospiterà le parti più tragiche, drammatiche e rituali, mentre i sottotesti grotteschi e parossistici troveranno spazio in altri luoghi del teatro».
Lei vive una fase assai prolifica. A cosa ha lavorato in questa stagione e cosa la attende?
«La maternità è stata il filo conduttore delle mie ultime regie: la Medea di Heiner Müller, con la piacentina Mariangela Granelli, Yerma di Lorca, parte della trilogia di cui fa parte Bernarda Alba, e Anima errante di Roberto Cavosi. Donne che si costruiscono un'identità come madri o uccidendo i figli. Parallelamente ho coltivato il teatro civile, cui sono da sempre attaccato: La Rosa Bianca con lo Stabile di Bolzano, sul famoso gruppo di ragazzi resistenti al regime nazista; Avevo un bel pallone rosso di e con Angela De Matté, sulla brigatista Margherita Cagol; Chi resta, appena passato dal "Verdi" di Fiorenzuola. Per la prossima stagione del Piccolo sto lavorando a Visita al padre di Roland Schimmelpfennig, contemporaneo tedesco quasi sconosciuto in Italia: un mancato passaggio di testimone tra padre e figlio. Credo in un teatro di drammaturgia, più che di forma o di immagine, e in un teatro "politico" che ponga interrogativi, nel tentativo di indagare i nodi irrisolti e i meccanismi della società della nostra Italia di oggi».

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