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Domenica 16 Maggio 2004 - Libertà

Ungaretti, il miracolo della poesia

Il convegno alla Fondazione dedicato ad uno dei più grandi poeti del Novecento. Una giornata per approfondire la conoscenza di una personalità complessa e affascinante. Ritratto di un instancabile viaggiatore culturale

Una giornata con Giuseppe Ungaretti, per approfondire la conoscenza di una personalità complessa e affascinante di uno dei più grandi poeti del Novecento, questo ha rappresentato il convegno dal titolo "Ungaretti: il segreto dell'uomo e della poesia" che si è svolto ieri all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Promosso dall'associazione di insegnanti Didattica ed Innovazione Scolastica (Diesse) con il patrocinio dell'assessorato alla Formazione del Comune, dell'Ufficio Scolastico Regionale dell'Emilia Romagna e del Liceo S. Benedetto, il convegno è stato aperto da un saluto dell'assessora Giovanna Calciati, che ha ricordato l'accordo che da poco il Comune ha stipulato con tutte le associazioni dei docenti per una più fattiva collaborazione tra la scuola e il territorio e per favorire la crescita culturale dei suoi cittadini.
Il professor Mauro Monti ha aperto quindi i lavori del convegno, introducendo la prima relatrice, Paola Montefoschi, docente di letterature comparate all'Università di Chieti, illustre figura nel campo della critica letteraria italiana, curatrice di numerose edizioni critiche dei testi ungarettiani, erede di Leone Piccioni, inseparabile amico e discepolo del poeta, venuta a parlare del rapporto tra biografia e poesia in Ungaretti.
Con una relazione intitolata "La poetica degli innesti", la professoressa Montefoschi ha parlato delle tante suggestioni, culturali e letterarie, che si fondano nella poesia di Ungaretti. In un percorso "a rebours", partendo cioè dalla vecchiaia del poeta, ossia dal "Monologhetto", il lungo poema considerato dalla studiosa la chiave di accesso per la poetica ungarettiana, la Montefoschi ha spiegato come dal "nomadismo" che sta alla base della poetica di Ungaretti, inteso come misura della mente, condizione dell'anima e categoria della poesia, come dal sentimento doloroso dello sradicamento dominante nella sua vita e nelle sue opere nasca la poetica degli innesti di Ungaretti, che, non vincolato da nessuna tradizione, ha attinto alle più svariate esperienze culturali e letterarie, dall'esperienza atavica dell'emigrazione dalla terra d'origine dei suoi genitori, la Lucchesìa, alla multietnicità della sua città natale, Alessandria d'Egitto, alle influenze letterarie di Leopardi, Apollinaire e Mallarmé... e a tutte le esperienze e le novità che, in forza della sua inesausta attenzione alla contemporaneità, egli attraversò e conobbe da instancabile viaggiatore quale era. Dopo l'intervento di Paola Montefoschi, il microfono è passato a padre Stelio Fongaro, preside del liceo S. Vincenzo di Piacenza e profondo conoscitore della letteratura italiana ed europea, che ha parlato di "Ungaretti, homo viator", ossia della particolare religiosità di questo poeta e del profondo senso religioso presente nelle sue poesie. Analizzando cinque liriche di Ungaretti ("Girovago", "Preghiera", "I fiumi", "La preghiera" e "Mio fiume anche tu"), padre Fongaro ha delineato la figura di un uomo che si è riconosciuto creatura, ha espresso il desiderio di essere accolto in Paradiso, ha compreso il senso cristiano del dolore e da "uomo di pena" è diventato "uomo di canto". Infine, la parola è passata a due poeti dei nostri giorni, Davide Rondoni e Giuseppe Conte, per i quali Ungaretti rappresenta un importante alimento per un impegno personale di scavo nella parola e nella vita, come ha detto nel suo intervento Rondoni, spiegando ai tanti studenti presenti in sala come Ungaretti, nella sua opera e nella riflessione sulla sua opera, abbia indicato chiaramente che cos'è la poesia, che cos'è il miracolo della poesia, "che non risiede nel linguaggio, ma nella tensione che nobilita, che lo porta a formare oggetti sublimi e incantevoli".

CATERINA CARAVAGGI

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