Domenica 14 Aprile 2013 - Libertà
Il passato remoto ci riporta in Liguria
Incontro con le studiose Carini e Melli
piacenza - «Sostanzialmente siamo stati tutti liguri». E a riprova, «ricerche condotte recentemente per la tipizzazione dei donatori di midollo osseo hanno confermato che i piacentini hanno in sé il patrimonio genetico ligure». Il nuovo ciclo di incontri in Fondazione curato da Elena Sichel, dedicato a "Genova e Piacenza nella storia", ha preso avvio dal remoto passato, per indagare sulle relazioni e i punti di contatto tra il territorio dell'Emilia occidentale e della Liguria.
Dalla pianura padana si è scesi verso la costa con la relazione di Anna Maria Carini, conservatrice del museo archeologico di Palazzo Farnese; dal mare si è risaliti verso l'Appennino grazie al contributo di Piera Melli, della Soprintendenza archeologica di Genova, facendo affiorare la fitta rete di relazioni che, pur tra alti e bassi, ha contraddistinto questa parte d'Italia. L'incontro è stato preceduto dai saluti dell'assessore alla cultura, Tiziana Albasi, che ha richiamato l'importanza della Tabula alimentaria proveniente da Veleia, località di cui ha successivamente parlato anche Carini, evidenziandone il ruolo di polo di aggregazione dei liguri veleiati.
La trattazione dell'archeologa di Palazzo Farnese - che ha spaziato dai rituali religiosi agli usi sociali dei liguri annientati dai romani nel II secolo avanti Cristo dopo un duro periodo di lotte - si è mossa dall'età del bronzo medio, quando il termine Liguria contrassegnava un'area molto più vasta dell'attuale, "dal Var al Magra, fino al corso dell'Arno al tempo dei romani". Mentre in pianura dunque si sviluppava la civiltà terramaricola, sul nostro Appennino dominavano i liguri, «separati gli uni dagli altri da un confine culturale che presumibilmente era anche etnico».
Tra gli insediamenti arroccati, che fino al bronzo recente caratterizzavano il popolamento ligure, Carini ha citato in particolare Groppo di Vaccarezza, nel Piacentino. L'asse portante delle comunicazioni resterà a lungo quello lungo l'Aveto e il Trebbia. «Nel bronzo finale assumono però importanza zone come quella attorno a Badia Pavese, transito del metallo, grezzo o lavorato, che dalle Colline Metallifere giungeva sui laghi Maggiore e di Como, dove si era sviluppata la cultura di Golasecca, celtica come base etnica».
Tra gli oggetti che si ritrovano in luoghi tra loro lontani, testimoniando quindi di scambi, le armille carenate in bronzo che per la prima volta furono rinvenute a Zerba: «Erano date in dono, quasi come una tangente ante litteram, a personaggi influenti per favorire il commercio». Dal VII secolo sulla ribalta economica internazionale si era affacciata Genova, con il suo porto, dove si smistavano - come emerso anche dagli ultimi scavi illustrati da Melli - merci provenienti dall'Etruria meridionale, dalla Grecia, da Marsiglia e da Cartagine.
Anna Anselmi