Sabato 13 Aprile 2013 - Libertà
Tito Boeri e la "tragedia Italia"
L'economista in Fondazione: «Ci avviamo verso i 3 milioni di disoccupati e tra i giovani la percentuale è quattro volte più alta rispetto alle altre fasce d'età»
«La Fondazione di Piacenza e Vigevano è una delle poche nate dal capitale della banca di provenienza e anche per questo è un piacere essere qui».
Così si presenta all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano Tito Boeri, uno dei più qualificati economisti italiani, docente di Economia alla Bocconi e direttore del Festival dell'Economia a Trento; a intervistarlo un altro economista "deluxe", Giacomo Vaciago. La serata è ricca di premesse, a partire dal tema, "Lavoro, Welfare, Europa e finanza internazionale nel destino dell'Italia", ma anche di contenuti, perché sia l'ex sindaco che questo prestigioso analista del mercato del lavoro affrontano argomenti di grande attualità: il difficile rapporto tra giovani e lavoro, l'alto indice di disoccupazione in Italia, le difficoltà del sistema universitario, la crisi delle imprese e la poca flessibilità del sindacato, insomma uno scenario molto preoccupante, soprattutto se raffrontato ad altri Paesi.
Le note dolenti in questo incontro sembrano non finire mai e fioccano come i dati: "L'Istat - commenta Tito Boeri - conferma che ci avviamo verso i 3 milioni di disoccupati e che il tasso di disoccupazione giovanile è quattro volte più alto rispetto alle altre fasce d'età. Come riferimento abbiamo in questo dato le persone che sono impegnate a cercar lavoro, ma ci sono altri segnali sommersi che danno inquietudine: gli "scoraggiati" che un lavoro non lo cercano più, coloro che sono costretti dal datore di lavoro a formule diverse dal tempo pieno e poi il disagio occupazionale dei sottoccupati". Per farla breve, stando a Tito Boeri i disoccupati sarebbero in realtà sei milioni (sic!) cui si allaccia in modo inequivocabile il problema della disoccupazione giovanile.
Siamo un Paese che non pensa ai giovani e inevitabilmente condannati al declino: "Nell'area Ocse - dice - l'Italia è al terzo posto nel più alto tasso di giovani che non sono iscritti a scuola, non lavorano e non frequentano corsi di formazione, i cosiddetti "Not in Education, Employment or Training - Neet". E aggiunge che altro nodo cruciale è quello dell'istruzione: "I Paesi in cui la disoccupazione giovanile è più bassa - spiega - sono l'Austria e la Germania, dove esiste una formazione universitaria che tende ad essere sempre più professionalizzante, in grado di creare competenze intermedie che da noi sono demandate alle imprese".
Sostiene che sono calate le iscrizioni alle nostre università (50mila in meno in dieci anni) e che il triennio cui è possibile aggiungere un altro biennio, spaventa soprattutto i giovani, consapevoli del fatto che difficilmente riusciranno a trovare lavoro: "Troppe sedi universitarie - dice - molte decentrate, ma allora perché non raccordarle alle imprese del territorio? ".
Ma il vero problema sta nel costo del lavoro: "Pur con salari molto bassi e in diminuzione, il costo in Italia è altissimo, perché troppo alto è il sistema di tassazione, la pressione fiscale grava infatti moltissimo sul lavoro". Sia con Monti che con Berlusconi la pressione è aumentata rispetto al Pil. E poi c'è il nodo della riforma-Fornero, che ha reso molto più costosi per le imprese (anche le più piccole) i contratti di lavoro pur avendo tolto una selva di situazioni contrattuali che nascondevano tragiche realtà di lavoro subordinato. Insomma, siamo indietro, anche nella concertazione. E infine il dramma nel dramma, a sottolinearlo è Giacomo Vaciago, che citando lo storico Carlo M. Cipolla, parla delle periodicità delle crisi economiche, ma soprattutto della necessità di guadagnare efficienza e produttività nel sistema pubblico, altro grosso nodo irrisolto.
Mauro Molinaroli