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Giovedì 16 Maggio 2013 - Libertà

«Pietro Bassi, il medico che ha incarnato i valori dell'alpinità»

Il convegno

«Era una persona capace di far "passare" dei valori». È questo il ricordo personale che Giovanni Calza, cardiochirurgo e presidente dell'associazione "Bambini nel mondo", ha di Pietro Bassi, "medico del Monte Bianco", pilota e istruttore di volo orientato al soccorso alpino che ieri pomeriggio è stato ricordato all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. L'occasione l'ha offerta la tavola rotonda organizzata dalla Società Medico-Chirurgica e dal Club Alpino Italiano e curata da Carlo Mistraletti come ideale proseguimento delle iniziative legate all'adunata nazionale degli alpini svoltasi in città lo scorso fine settimana: a essere dunque rievocata, nel corso degli interventi di Mistraletti, Calza, Pier Giorgio Poisetti e Flavio Della Croce, è stata la figura di un medico che tanto ha saputo dare nel corso della sua lunga attività.
Nello specifico sono ben 1.862 gli interventi che Bassi ha compiuto in quarantaquattro anni di servizio che gli hanno valso fra l'altro il premio internazionale della solidarietà alpina ricevuto a Pinzolo nel 1990: «Ma non è certo il solo riconoscimento che gli sia stato attribuito» ha subito specificato Mistraletti, «basti pensare anche al premio "Bisturi d'oro" conferitogli a Mareto nel 1993: è stato un grande medico che ha vissuto una vita equiparabile a un vero e proprio poema». A dimostrarlo è stato appunto il racconto che i relatori hanno fatto ieri pomeriggio per rievocare questo straordinario medico alpino: «Si può tranquillamente dire che tutti i valori alpini osannati nei giorni scorsi a Piacenza hanno trovato in lui un'incarnazione perfetta, seppure con una chiave di lettura più orientata al soccorso» ha continuato Mistraletti, «e in un certo senso la sua figura può essere equiparata a quella di un altro medico, Carlo Urbani, morto nel 2003 per aver contratto la Sars: ad accomunarli sono la dedizione totale verso la professione, ma anche l'essere portavoci di una "medicina di periferia" che spesso risulta molto importante e ha parecchio da insegnare». Certo tanto ha insegnato a Calza: «Mi aveva chiesto di restare con lui a fare il medico a Courmayeur» ha ricordato, «ma poi la cardiochirurgia mi ha fatto prendere un'altra strada: eppure tanti suoi insegnamenti sono rimasti. Ricordo ad esempio molto bene il suo amore per la montagna e i Paesi in via di sviluppo e il forte rispetto per la vita che lo animava: era una persona che conosceva i modi giusti per far passare dei valori importanti e ci riusciva perfettamente».

Betty Paraboschi

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