Mercoledì 10 Aprile 2013 - Libertà
Tito Boeri e il futuro: «Lo "stallo" politico può costarci caro»
di MAURO MOLINAROLI
«Lavoro, Welfare, Europa e finanza internazionale nel destino dell'Italia». E' questo il tema che affronterà Tito Boeri, docente di Economia all'Università Bocconi e direttore scientifico del Festival dell'Economia di Trento, domani sera alle 21 all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano in un incontro aperto alla cittadinanza e coordinato dal prof. Giacomo Vaciago. Economista particolarmente apprezzato per le sue analisi sul mercato del lavoro, sulla disoccupazione giovanile, ma anche sul rapporto tra economia e politica, ha scritto diversi libri, tra i quali "Le riforme a costo zero. Dieci proposte per tornare a crescere" (Chiarelettere), "La crisi non è uguale per tutti" (Rizzoli), "Contro i giovani. Come l'Italia sta tradendo le nuove generazioni" (Mondadori) e recentemente un volume spigliato e insolito, dal titolo "Parlerò solo di calcio" (Il Mulino).
Professore quanto è dannosa questa situazione di stallo della politica per l'economia italiana?
«Credo che il rischio di pagare a caro prezzo questa situazione di stallo che si è venuta a creare dopo elezioni, sia molto alto. Questa incertezza mette paura a tutti, alle imprese e alle famiglie, perché sempre più alto è il numero di imprese che rimanda nel tempo i propri piani di investimento e di sviluppo e sempre più numerose sono le famiglie che rinviano gli acquisti di beni durevoli. I consumi sono al palo, in questa situazione la spirale recessiva tende ad avvitarsi e quindi a peggiorare ulteriormente la situazione. Qualcuno porta ad esempio il Belgio, che ha vissuto un'esperienza di 541 giorni di crisi politica, a partire dalle legislative del 2010. Ma la situazione italiana non è per niente paragonabile a quella belga dove c'è un'economia forte, dove i poteri decentrati e le amministrazioni locali funzionano molto bene; inoltre il Belgio è nel cuore delle poliche comunitarie. Penso che occorra fare presto e dar vita a un governo credibile. Diversamente la situazione economica potrebbe ulteriormente precipitare anche perché stiamo facendo peggio degli altri Paesi dell'area Euro».
L'altro giorno abbiamo avuto la conferma dall'Istat che ci avviciniamo sempre più alla soglia dei tre milioni di disoccupati e fra i giovani il tasso di disoccupazione è quasi quattro volte più alto rispetto alle altre fasce d'età.
L'attuale situazione del mercato del lavoro è il freno maggiore alla nostra economia. La mancanza di riforme, la staticità e la consapevolezza che la Riforma Fornero già mostra forti limiti prima ancora di essere applicata, non lasciano certamente ben sperare per il futuro. Un Paese che non guarda ai giovani è un Paese malato, senza speranza e senza futuro e in Italia il numero dei giovani disoccupati è altissimo, frutto di un vuoto di programmi e di un vuoto di proposte».
Anche il numero degli iscritti alle università sta calando sensibilmente e progressivamente, eppure fino a qualche anno fa le facoltà universitarie erano, per molti, un ottimo parcheggio in attesa di lavoro.
«E' vero e questo è dovuto soprattutto al fallimento dei trienni universitari. Occorre ridare dignità a questi corsi che così come sono strutturati servono a poco o niente. Si tratta di agganciare il triennio al mondo del lavoro, dare a questi studi una rapporto sinergico che sia formativo e professionale, ciò che non è avvenuto in tutti questi anni. In pratica dovrebbero diventare corsi professionalizzati di concerto con le aziende sul territorio. Diversamente avremmo un ritorno al diploma che di questi tempi sembra essere davvero un pericoloso passo indietro nei percorsi formativi e professionali, anche in rapporto con il resto dell'Europa».