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Sabato 30 Marzo 2013 - Libertà

Da Fortini a Bellocchio: in "Soli e civili" cinque modi per demitizzare la realtà

"Cittàcomune": in Fondazione proposta una raccolta di saggi di Matteo Marchesini

piacenza - Soli e civili: sono, come recita il titolo del libro di Matteo Marchesini, presentato l'altra sera all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, cinque grandi autori del Novecento italiano, quali Alberto Savinio, Giacomo Noventa, Franco Fortini, Luciano Bianciardi e il piacentino Piergiorgio Bellocchio, accomunati dalla distanza nei confronti dell'aridità dell'estetismo, dalla capacità di analisi critica della società e dal rifiuto, quanto mai attuale, di «ricucire artificialmente lo iato tra la vita e la pagina».
Marchesini li definisce autori «nel senso più alto emancipatori, in quanto permettono sempre al lettore di discutere passo per passo i loro contributi e di contraddirli. Nessuno di loro respinge di per sé - spiega il critico - il concetto di autorità: ma tutti in qualche modo pretendono che ogni gerarchia, politica e culturale, venga ridiscussa di continuo perché i suoi valori possano coincidere il più possibile con valori reali».
Parole che, nell'incontro in Fondazione promosso dall'associazione Cittàcomune, si sono avverate nelle citazioni dirette, nonché nelle riflessioni di Gianni D'Amo, che si è soffermato in particolare sul Fortini dei Dieci inverni (metafora del «gelo che seguì la lotta di liberazione»), il quale annoverava tra i suoi maestri Noventa e tra i discepoli lo stesso Bellocchio, intervenuto invece soprattutto sull'opera di Savinio (pseudonimo di Andrea De Chirico, fratello del pittore Giorgio), mentre Marchesini ha ribadito i motivi della scelta di aver compreso cinque intellettuali così diversi in un unico volume, composto da ritratti scritti separatamente, uniti comunque dal filo conduttore di una serie di affinità e rimandi, in primis la «capacità demistificatoria e demitizzante rispetto alla realtà».
La pubblicazione, uscita per i tipi dell'Asino in un'iniziativa editoriale curata da Goffredo Fofi, offre dunque una chiave per accostarsi ad autori decisamente non popolari da leggere e tornare a rileggere come antidoto al culto imperante «della falsa grandezza o del fatto compiuto». Marchesini ha messo in luce inoltre un ulteriore aspetto fondamentale: «Si tratta di scrittori che non si esprimono con un linguaggio poetico, come potrebbe essere quello di Pier Paolo Pasolini, che invita al rispetto o all'adesione, non alla critica. Al contrario, Savinio, Noventa, Fortini, Bianciardi e Bellocchio forniscono al lettore le armi dialettiche per criticare loro stessi e contraddirli».
A distanza di decenni, si coglie sicuramente «la precocità e la lungimiranza» dei cinque autori, sottolineata da D'Amo, nell'ambito di una discussione sul possibile nesso tra politica e cultura, ossia sul ruolo che gli intellettuali sono chiamati a rivestire nella società.
L'autore meno attraversato dalla passione politica - ha osservato Bellocchio - è Savinio, caratterizzato da quella «leggerezza straordinaria, riscontrabile anche nell'Attilio Bertolucci prosatore».
Esponente di un giornalismo di cultura «estremamente vivace», Savinio è stato accostato da Bellocchio al classico giornalismo di idee, «molto raro, con pochissimi rappresentanti: Gramsci, Gobetti, Piovene, Bettiza», mentre gli altri autori di Soli e civili hanno condiviso - ha commentato il saggista piacentino - la coscienza del problema dell'industria culturale («che in Fortini ha uno spazio di trattazione vera e propria e in Bianciardi trova una vittima volontaria») e una posizione di marginalità rispetto alla società letteraria («che in Noventa raggiunge il massimo grado di indipendenza orgogliosa, di autonomia»).
Bolognese, Marchesini, che collabora all'annuario critico di poesia curato da Giorgio Manacorda (Castelvecchi), ha appena esordito nella narrativa con il romanzo Atti mancati, Voland, ambientato nel capoluogo emiliano.

Anna Anselmi

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