Martedì 9 Aprile 2013 - Libertà
Una drammatica Violetta allo specchio
Lirica: applausi a "La Traviata", terza opera della trilogia popolare ieri al Municipale
di ELISABETTA PARABOSCHI
Violetta, l'infelice donna di malaffare, la signora delle camelie raccontata prima da Dumas e poi immortalata definitivamente da Verdi, ha conquistato Piacenza. Nel Teatro Municipale che ha ospitato la bella rappresentazione de La Traviata diretta da Cristina Mazzavillani Muti in una produzione del Ravenna Festival in collaborazione con il Teatro Alighieri di Ravenna, la Fondazione Teatri di Piacenza e la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, l'infelice vicenda dell'amore infausto tra la "cortigiana dell'epoca moderna" e il nobile (e un po' ingenuo in effetti) Alfredo ha ammaliato i numerosissimi spettatori accorsi all'ultimo appuntamento della Trilogia popolare che nei giorni scorsi ha portato sul palcoscenico piacentino Rigoletto e Trovatore.
La storia è quella nota d'amore, malattia e dramma che lega una donna di malaffare, una prostituta d'alto bordo come Violetta al nobile Alfredo di signorili natali; il destino ci mette lo zampino ed ecco allora i complotti del padre del giovane, Giorgio Germont, deciso in tutti i modi a far finire una storia che porterebbe oltraggio e vergogna alla famiglia; ecco le illusioni e le menzogne destinate a sciogliersi sul letto di una Violetta morente, incapaci di fermare il procedere del "mal sottile" e il tragico epilogo della vicenda.
Opera nota dunque, senza dubbio, alla quale la regia di Mazzavillani Muti ha saputo dare un tocco da maestra: per farlo la regista è ricorsa a uno studio attento e calibrato del Riflesso, inteso come specchio e rimando continuo, gioco ben fatto di richiami ai due titoli verdiani che compongono la Trilogia e all'universalità che anima la figura di Violetta. Sul palco del Municipale dunque è finita una storia moltiplicata da un meccanismo ben congeniato di grandi specchi rotanti nei quali le figure di Violetta, di Alfredo e di tutta la finta e impettita società nobiliare e borghese dell'Ottocento si sono rispecchiate e amplificate.
Del resto ben lo aveva anticipato la stessa regista nel definire Violetta come l'eroina melodrammatica in cui "si specchiano e si riflettono generazioni di donne": così è e così è stato l'altra sera grazie anche alla meravigliosa performance di Monica Tarone, perfetta nella voce e nella presenza scenica quanto capace di interpretare con verità la passionalità e la ieraticità del personaggio verdiano. Buona anche l'interpretazione del tenore Davide Giusti nel ruolo di Alfredo che avrebbe dovuto essere di Bulent Bezduz e decisamente da segnalare anche quella del baritono Simone Piazzolla che ha saputo dare corpo in maniera perfetta alle convenzioni e al rigore personificati in Giorgio Germont.
Ad accompagnare tutta la storia sono stati, ancora una volta, l'Orchestra giovanile "Luigi Cherubini" e il Coro lirico del Teatro Municipale di Piacenza diretti rispettivamente dai maestri Nicola Paszkowski e da Corrado Casati: giovane e talentuosa la prima nell'interpretare l'ansioso dinamismo che domina tutta La Traviata, potente e incisivo il secondo nel farsi pubblico e coro nel medesimo tempo, attraverso la doppia azione dell'osservazione del commento dai palchi di proscenio.
È dunque questa l'opera che il pubblico piacentino ha potuto gustare e applaudire diffusamente, sancendo la degna conclusione di una stagione lirica del Teatro Municipale che ha omaggiato il "Cigno di Busseto" ancora una volta e in uno dei migliori modi possibili: il riverbero del dramma di Violetta è fondamentalmente quello del successo ininterrotto de La Traviata e di questa rappresentazione guidata da Mazzavillani Muti che continua ad ammaliare con la forza della sua attualità.